No ai capilista bloccati, alle pluricandidature e al voto disgiunto, via libera al rapporto 60-40% per garantire la parità di genere. Sono le novità più importanti dell’accordo raggiunto nelle ultime ore tra Pd, M5Stelle, FI e Lega sulla legge elettorale in discussione in commissione Affari costituzionali della Camera. Un’intesa a quattro che dovrebbe garantire tempi rapidi e consentire al testo di approdare in Aula martedì come stabilito nei giorni scorsi. “Non abbiamo fretta di chiudere oggi. Gestiremo il dibattito con serenità”, ha assicurato il capogruppo del Pd, Ettore Rosato, conversando con i cronisti a Montecitorio.
Parità di genere
Oltre alle pluricandidature, dunque, spariranno i capilista bloccati: in ogni circoscrizione saranno eletti prima i vincitori dei collegi, poi quelli del listino proporzionale. “Ogni candidato – ha spiegato Rosato – potrà essere presentato nella lista del proporzionale e in quella dell’uninominale, come in Germania”. Diventa poi obbligatorio il rapporto 60-40% fra le candidature maschili e quelle femminili, che si aggiunge a quello già previsto nelle liste proporzionali. Tra le novità anche le norme per semplificare il meccanismo di raccolta delle firme necessarie per presentare le candidature e la riduzione del numero dei collegi, che scende a 28 dai 29 di ieri (il Veneto ne avrà due e non più tre).
Un solo segno sulla scheda
Il voto sarà “semplicissimo”, ha aggiunto Rosato, confermando il no al voto disgiunto. “L’elettore dovrà mettere un solo segno sulla scheda della Camera e uno su quella del Senato”. Su entrambe “ci sarà il nome del candidato del collegio uninominale, il simbolo del partito e il listino della circoscrizione che sarà da due a sei persone a seconda della dimensione della circoscrizione stessa”.
Il malumore dei partitini
Se nel Pd – orlandiani compresi – e nel Movimento 5 stelle si festeggia con accenti diversi l’intesa raggiunta sulla legge elettorale (eloquente il tweet di Luigi Di Maio: “Via pluricandidature e capilista bloccati. Se nessuno tornerà sui suoi passi, la #leggeelettorale è fatta!”) Alternativa popolare, Direzione Italia e Mdp criticano le decisioni dei quattro partiti più grandi. Ap, in particolare, si appella alla presidente della Camera, Laura Boldrini, e chiede che per la definizione dei collegi uninominali si faccia riferimento al lavoro svolto nel 2001 da un’apposita commissione presieduta dall’allora presidente dell’Istat e non ai dati del censimento del 1991. Altrimenti, ha detto il capogruppo di Alternativa popolare in I commissione, Dore Misuraca, “si rischia l’imbroglio”. Sulla stessa linea Antonio Distaso, deputato di Direzione Italia e componente della commissione, che chiede di assegnare al governo il compito di ridisegnare i collegi e non al relatore.