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Legge elettorale, Renzi accelera: “O si fa entro luglio o non si fa”

Matteo Renzi accelera sulla legge elettorale. O si fa entro luglio o non si fa più, questo il pensiero del segretario dem. Che sfida gli altri partiti: il Pd non ha timori e ha messo le carte in tavola, ma se la può battere con i diversi sistemi elettorali attualmente in campo (Rosatellum, tedesco o Italicum corretto). Se dunque da qui a martedì, quando si riunirà la direzione dem, negli incontri con gli altri partiti non sarà emersa una maggioranza alternativa, il segretario proporrà di andare avanti con il Rosatellum.

Ma non è esclusa la virata verso il sistema tedesco, che raccoglie sempre più consensi. Non solo Fi e Mdp dicono sì a un proporzionale con sbarramento al 5%, che aiuterebbe gli uni a stoppare eventuali tentazioni neocentriste alla Calenda, gli altri a riunire la sinistra extra Pd. Ma anche M5s sembra preferire il tedesco al Rosatellum, magari con un correttivo di governabilità.

E’ fatta, dunque? No, perché i contatti – nonché la conta dei numeri al Senato – fervono. E una variabile che rischia di pesare sui “giochi” in corso è quella di eventuali elezioni anticipate. Che non entusiasmano Berlusconi e, sono convinti al Nazareno, i grillini in realtà non vogliono. Quanto al Pd, Renzi ai tanti che lo interrogano spiega che lui, da segretario appena rieletto per 4 anni, non ha fretta di anticipare le urne di qualche mese. Ma aggiunge che non è vero, come sostiene qualcuno, che il voto a fine settembre o ottobre porterebbero all’esercizio provvisorio di bilancio e a far scattare le clausole di salvaguardia. Perché, è il ragionamento, anche la Germania vota a settembre e l’Austria a ottobre: allo stesso modo, in via teorica, in Italia il governo dimissionario potrebbe mandare la manovra a Bruxelles entro il 15 ottobre, poi subentrerebbero nuovo esecutivo e Parlamento. Ma intanto sulla legge elettorale, secondo il leader del Pd, è “ora o mai più”: alla Camera il Pd può far approvare un testo entro giugno ma se poi a luglio al Senato dovesse essere bocciato – è la convinzione – non si farebbe più niente, per l’intreccio autunnale con la sessione di bilancio. E allora l’esito più probabile sarebbe (ma a quel punto non toccherebbe al Pd) un decreto correttivo delle leggi elettorali attuali, che potrebbe essere fatto a ridosso del voto.

Il decreto però, avvertono i dem, servirebbe solo ad armonizzare i testi, non potrebbe intervenire su punti delicato come la soglia di sbarramento al Senato all’8%. Il Pd, sottolineano i renziani, con questo Italicum corretto non avrebbe problemi. Ne avrebbero i “partitini” e forse anche i Cinque stelle, perché ci sarebbero le preferenze: Renzi e i Dem – è il ragionamento – possono stare sulle scatole a qualcuno, ma i voti li prendono, mentre alcuni parlamentari M5s avrebbero più difficoltà. Dunque, con serenità ai suoi l’ex premier ha dato indicazione di “stare sul territorio“: da Roma, dove le magliette gialle torneranno domenica, alle aree terremotate, nelle quali l’idea è mettere un camper in ognuno dei comuni “ad ascoltare la gente“.

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