La conclusione della trattativa sulla Manovra, pur provvisoria, porta con sé una conseguenza parzialmente inattesa: il capo di Gabinetto del Ministero dell'Economia, il magistrato del Consiglio di Stato Roberto Garofoli, si è infatti dimesso dal suo ruolo, spiegando ai suoi compagni d'avvenutra che si tratta di “un prezzo che dobbiamo pagare. Siamo professionisti al servizio del Paese, come avviene in tutte le grandi democrazie occidentali”. Approdato al Mef all'epoca del governo Renzi, diventando collaboratore dell'allora ministro Pier Carlo Padoan, Garofoli ha preso commiato dal Gabinetto affermando che “dopo lunghi anni alla guida del Gabinetto del ministero e dopo averne assicurato continuità di funzionamento fino alla sostanziale approvazione della legge di Bilancio formalizzo la volontà, cui ti ho fatto cenno da qualche mese, di lasciare l'incarico per riassumere le mie funzioni di provenienza”.
L'addio di Garofoli
Dell'addio di Garofoli ha parlato anche l'attuale titolare di Via XX settembre, Giovanni Tria: “Mi dispiace molto, lui all'inizio mi aveva detto che probabilmente voleva cambiare, lo avevo obbligato a rimanere fino alla legge di Bilancio. Domani parlerò con lui. Ora torna al suo mestiere nella magistratura”. Secondo quanto riferito da diversi organi di informazione, tra i quali Adnkronos, sembra che Garofoli fosse da tempo finito nel mirino dei Cinque stelle per alcune proposte inserite in Manovra delle quali era stato ritenuto l'artefice (in particolare una norma definita “pro-Croce Rossa”). Una situazione che, a ogni modo, non l'ha mai privato del sostegno del Mef così come della presidenza del Consiglio. La decisione di lasciare il Ministero è arrivata dopo un consulto con il Quirinale. Sempre secondo l'agenzia Adnkronos, il posto di Garofoli non dovrebbe rimanere vuoto a lungo, in quanto all'ormai ex capo di Gabinetto dovrebbe subentrare l'ex componente dell'autorità per l'Energia elettrica Luigi Carbone.