Avere un lavoro non mette al riparo dalla miseria. Almeno in Italia la situazione è questa. Lo testimoniano i dati Eurostat riferiti al 2016: l'11,7% degli occupati in Italia, quasi uno su 8, pari a circa 2,6 milioni di persone, è a rischio povertà. Percentuale più alta rispetto al 2015 (era l'11,5%) e soprattutto al 2010 (+2,2 punti percentuali) mentre si fissa largamente al di sopra della media europea (il 9,6% degli occupati). Il motivo di questa situazione, secondo la Cgil, è l'occupazione precaria: il sindacato rileva che circa 4,5milioni di lavoratori con contratti a termine o part-time sono da considerare nell'area del disagio.
Il dato italiano è tra i peggiori nell'Unione europea (fanno peggio solo Romania, Grecia, Spagna e Lussemburgo) che in media segna un 9,6%. Il rischio – spiega Eurostat – è influenzato fortemente dal tipo di contratto con un dato complessivo doppio per coloro che lavorano part time (15,8%) rispetto a quelli che lavorano a tempo pieno (7,8%) e almeno tre volte più alto nel complesso tra coloro che hanno un impiego temporaneo (16,2%) rispetto a quelli con un contratto a tempo indeterminato (5,8%). Gli uomini sono più a rischio povertà (10%) rispetto alle donne (9,1%).