Dopo Antonio Maria Rinaldi (Lega) e Federica Picchi (Fratelli d'Italia), un altro candidato alle elezioni europee del 26 maggio sottoscrive il Manifesto per la Vita e la Famiglia redatto da ProVita & Famiglia. Si tratta di Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia: si tratta del primo capo di partito che sottoscrive il Manifesto.
Il Manifesto
E così l'ex ministro della Gioventù – come si legge sul sito Notizie ProVita – si impegna a “contrastare in ogni modo la legalizzazione, la diffusione e l’agevolazione, formale o sostanziale, della pratica dell’utero in affitto, sia dietro compenso che a titolo gratuito, perché la donna non è una incubatrice e il bambino non è un prodotto”. La Meloni si impegna inoltre “a promuovere nelle sedi opportune l’approvazione di un divieto internazionale di pratiche di surrogazione di maternità“; a operare “affinché in Europa non venga in alcun modo promossa la legalizzazione dell’adozione dei bambini comprati o ottenuti all’estero tramite utero in affitto, oppure della registrazione degli atti di nascita di questi stessi bambini a favore dei cosiddetti 'genitori di intenzione'”; ma anche a “far rispettare a ogni livello l’art 26/3 della Dudu: 'I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli'”. In particolare bloccando “ogni proposta normativa o atto teso a diffondere l’indottrinamento gender nelle scuole, contrastando la sessualizzazione precoce dei bambini e degli adolescenti spesso veicolata dai media, dalle campagne marketing, dai programmi televisivi e anche dalla cosiddetta 'educazione sessuale globale' nelle scuole”. Impegno dei firmatari è “promuovere politiche e programmi che prevengano l’iper-sessualizzazione dei bambini, ostacolino la raffigurazione in chiave sessuale degli stessi e limitino la promozione di stereotipi sessualizzati nei settori dei media e della pubblicità”; a “promuovere a livello comunitario l’istituzione di uno specifico fondo ‘salva-famiglia’ per la natalità e i nuclei familiari numerosi e/o in difficoltà con modalità e procedure comuni negli Stati membri”.