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La Commissione punta il dito su Autostrade

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Va giù pesante la commissione ispettiva del Ministero delle Infrastrutture nella sua relazione sul crollo del Ponte Morandi, puntando decisamente il dito contro il concessionario che “ha minimizzato o celato” la gravità della situazione per quanto riguarda la tenuta del viadotto sul Polcevera sottovalutando “l'inequivocabile segnale di allarme” e, per questo, “non adottando alcuna misura precauzionale a tutela dell'utenza”. Un affondo duro, letto nella stessa giornata dell'incidente probatorio, dall'ingegner Alfredo Principio Mortellaro, presidente della commissione nominata dal ministro Toninelli all'indomani del disastro di Genova. Secondo il team del Mit, Autostrade adottò misure di prevenzione “inappropriate e insufficienti considerata la gravità del problema”, anche se “in grado di cogliere qualitativamente l'evoluzione temporale dei problemi di ammaloramento, ma con enormi incertezze. Tale evoluzione, ormai già da anni, restituiva un quadro preoccupante, e incognito quantitativamente, per quanto concerne la sicurezza strutturale rispetto al crollo”.

Cure mancate

Secondo quanto scritto dalla Commissione nella relazione, nel progetto esecutivo di Autostrade per la manutenzione del ponte erano contenuti “valori del tutto inaccettabili, cui doveva seguire, ai sensi delle norme tecniche vigenti, un provvedimento di messa in sicurezza improcrastinabile”. Stando a quanto riferito da Mortellaro, invece, “non fu assunto alcun provvedimento con tali caratteristiche” e, peraltro, “di tale informazione di evidente enorme importanza non era a conoscenza” il personale dirigenziale Aspi. Per gli ispettori “non è documentata alcuna cura per evitare che, durante la posa in opera, non vengano tranciate, in toto o in parte, le armature lente e precompresse degli elementi strutturali originali… Tali lavorazioni, ripetute nel tempo potrebbero aver diminuito la sezione resistente dell'armatura delle travi di bordo in maniera sostanziale e aver contribuito al crollo”.

Causa nel cedimento delle travi

Per quanto riguarda le ipotesi di crollo, invece, la Commissione ha spiegato di ritenere “più verosimile che la causa prima” del crollo “non debba ricercarsi tanto nella rottura di uno o più stralli, quanto in quella di uno dei restanti elementi strutturali (travi di bordo degli impalcati tampone o impalcati a cassone) la cui sopravvivenza era condizionata dall'avanzato stato di corrosione presente negli elementi strutturali”. Sullo stato di corrosione del calcestruzzo del viadotto, spiegano ancora dalla Commissione ministeriale, delle indagini dirette “erano indispensabili da anni e tale esigenza era nota (e non poteva non esserlo) ad Aspi… La situazione di cattiva iniezione degli stralli era accertata con prove indirette, senza procedere a una esaustiva indagine diretta, come necessario”.

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