La partita per l’Italicum si sta trasformando in una vera e propria resa dei conti in casa Pd. Ieri dieci deputati dem, tutti estranei all’area renziana e critici nei confronti della legge elettorale, sono stati estromessi dalla commissione Affari Costituzionali. La notizia conferma la ferma volontà del premier di soffocare il dissenso tra le sue fila per ottenere il risultato finale. Ma questa mossa, oltre a far imbufalire M5S e Scelta Civica, che minacciano l’Aventino in Commissione, rischia di far esplodere il partito del presidente del Consiglio.
La sostituzione dei 10, sottolineano fonti del gruppo Dem, non è una forzatura e non è stata votata dall’ufficio di presidenza che si è limitato ad attuare quanto deciso dall’assemblea dei deputati di mercoledì scorso, quando il cosiddetto lodo Cuperlo (ovvero la sostituzione dei membri che, sull’Italicum, non sono in linea con il gruppo e, inoltre, sono determinanti nelle votazioni degli emendamenti) fu definito di “buon senso” dallo stesso Renzi. Ma la sostituzione di Bersani, Bindi, Cuperlo, Lattuca, D’Attorre, Giorgis, Pollastrini, Agostini, Meloni e Fabbri è destinata ad invelenire ulteriormente il clima sull’Italicum con la minoranza che, a partire dallo stesso Cuperlo la definisce “un fatto molto serio” e avverte che se Renzi optasse la fiducia darebbe luogo ad uno “strappo” che “metterebbe a rischio la legislatura”.
E se Rosy Bindi (“è una sostituzione di massa”) e Stefano Fassina (“una regressione della democrazia”) non usano termini meno morbidi, Renzi ribadisce la sua linea: sulla fiducia si “vedrà” al momento della discussione parlamentare ma “siamo all’ultimo chilometro”. E, soprattutto, l’Italicum 2.0 non sarà “perfetto” ma “non si può ripartire”.