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Italicum ancora nel pantano. Il governo prova ad accelerare

Quella della riforma elettorale rischia di essere davvero una partita infinita. L’Italicum resta impantanato in Senato, nonostante Matteo Renzi e Silvio Berlusconi continuino a blindare il patto del Nazareno. Il problema è che l’accordo tra i due leader ha allargato le fratture preesistenti nei due partiti. Da una parte (quella azzurra) Raffaele Fitto continua a chiedere a gran voce il rinnovamento del partito e l’indizione delle primarie. Dall’altra (quella democrat) c’è una minoranza agguerrita e pronta a ostacolare il cammino del premier. L’ultima voce a levarsi è stata quella di Corradino Mineo, che continua a dirigere le fila dell’opposizione interna a Renzi in Senato.

“Il mio giudizio sulla legge elettorale è fortemente negativo. Così com’è è una legge ad personam per Renzi come il porcellum lo era per Berlusconi” è stata la bordata lanciata durante il suo intervento alla commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama. I lavori proseguono febbrili, ieri sono scaduti i termini per l’iscrizione degli interventi in Commissione in modo da chiudere la partita (in vista dell’approdo del testo in Aula) giovedì. Il governo vuole accelerare, anche perché i segni che provengono dal Quirinale non sono incoraggianti. Napolitano è stato il creatore del governo delle larghe intese e il garante del processo riformatore. Ha legato il suo secondo mandato proprio all’approvazione della legge elettorale, ma non può aspettare per sempre.

Il Colle ha comunicato che le eventuali dimissioni arriveranno solo dopo la chiusura del semestre europeo, quindi non prima di febbraio. Renzi ha guadagnato un mese di tempo ma deve comunque correre, concordando contestualmente con Berlusconi un nome per la successione di Napolitano. Una partita fondamentale per entrambi: al premier serve un presidente che continui a insistere sulle riforme, al leader di Fi un capo dello Stato che non ostacoli il suo rientro nell’agone politico (e magari possa aprirgli le strade della grazia). Poi si potrà anche pensare di tornare al voto.

Luca La Mantia: