“Questo governo aveva promesso di imporre alla Bce il taglio di 250miliardi di titoli di debito pubblico. Ovviamente Mario Draghi ha risposto picche. Dopo di che si è ostentata la volontà a Palazzo Chigi di sforare il 3 per cento del deficit, ma subito è stato agitato lo spread come arma di ricatto e si è dunque tornati nei ranghi. Così oggi ha finito per contrattare l’elemosina di un piccolo margine per la Manovra. Ma è impossibile ottenere risultati davvero efficaci facendo l’elemosina a chi ci ha defraudati della nostra sovranità. L’alternativa all’elemosina è dotarci di uno strumento che ci permetta di fare a meno di loro: emettere moneta”. È questo il giudizio schietto di Francesco Filini su quella che il vicepremier Luigi Di Maio ha definito in modo roboante “una Manovra del popolo”. Anima della pagina Rapporto Aureo e autore del libro “Il segreto della Moneta” (ed. Solfanelli, 2018), Filini è un sostenitore della sovranità monetaria, seguace del prof. Giacinto Auriti e promotore, da assessore di un Municipio di Roma, dello Scec, una sorta di moneta complementare all’Euro. In Terris lo ha intervistato.
Partiamo dalla Manovra: se il governo fosse andato avanti con l'intento di sforare il 3 per cento del rapporto debito/Pil, ci avremmo guadagnato o rimesso?
“C’è un questione alla base del discorso: mettiamo il caso che il governo decida di superare la soglia del 3 per cento, dovrà poi emettere titoli di debito e trovare chi li acquista. È l’unico modo per far ottenere allo Stato moneta necessaria per le spese. In Italia funziona che in un’asta per l’acquisto dei titoli di debito si fanno tre chiamate, nel corso delle quali il tasso d’interesse per lo Stato sale. È così che i protagonisti di queste aste – in genere le banche speculative, americane e non solo – fanno il bello e il cattivo tempo: abbassano il tasso d’interesse giocando con lo spread”.
Il famoso spread…
“Già, in Germania queste aste funzionano diversamente: finita la prima chiamata, il debito che resta viene acquistato dalla Bundesbank, per cui è come se avessero una banca centrale che copre il debito mantenendo basso il tasso d’interesse. Invece in Italia sono le banche private che possono in qualsiasi momento alzare il tasso d’interesse, magari perché reputano poco affidabile il sistema Italia”.
Ma sforare può servire o no?
“Lo Stato può sforare certo, ma poi si assume le responsabilità delle conseguenze: ne abbiamo avuto un assaggio ad agosto, quando al solo annuncio da parte di esponenti del governo che l’Italia avrebbe potuto superare la soglia del 3 per cento, è stato agitato lo ‘spauracchio’ dello spread e tutti si sono ritratti per evitare ricadute economiche sul sistema Paese”.
E l’ipotesi che i titoli di debito possano essere acquistati da Stati stranieri? Penso alla Cina oppure agli Stati Uniti: Conte un mese fa avrebbe strappato una promessa in tal senso da Trump…
“È assurdo dover considerare la Cina o gli Stati Uniti la nostra salvezza. L’Italia sta assumendo una centralità politica che è tutt’altro che confortante: da una parte c’è chi, da Oltreoceano, vorrebbe usare il nostro Paese come grimaldello per minare l’economia della Germania, che tiene sotto scacco l’Eurozona, “rea” di essersi avvicinata troppo a Mosca; dall’altra c’è chi – la Cina – ha interessi per mettere la fiche sull’Italia per estendere ancora di più i propri tentacoli sull’Europa. Dunque stiamo diventando un terreno di conquista, il mercanteggiare sul nostro debito è deprimente, grava sul nostro welfare, sui nostri beni pubblici, sulle nostre aziende di Stato, che sono ormai oggetto di un’aggressione predatoria straniera. Del resto un Paese privo di sovranità monetaria si presta a diventare ostaggio di altri Paesi che, invece, una loro sovranità riescono a esercitarla”.
Come si raggiunge la sovranità monetaria?
“L’attuale governo aveva fatto una proposta positiva: i minibot, ovvero titoli di Stato di piccolo taglio. Ma quella proposta sembra oggi sfumata. Il punto però è che per raggiungere una vera sovranità monetaria è necessario emettere una moneta parallela libera dal circuito del debito bancario e finanziario. Così si farebbe risalire la domanda interna, perché non riusciamo più a produrre non avendo il mezzo di pagamento necessario per far risalire l’economia”.
Proposta suggestiva ma che sembra di nicchia. Ci sono economisti che la caldeggiano?
“Questo è un tema che, finalmente, cominciano a coltivare gli economisti keynesiani – su tutti penso a Nino Galloni -, che si oppongono alla linea dell’austerity proponendo invece di fare spesa pubblica, al costo del deficit, per rilanciare l’economia”.
Ma è realistico auspicare la sovranità monetaria nel contesto politico e finanziario attuale, considerando gli accordi che l’Italia ha sottoscritto con strutture sovranazionali?
“Dipende dal popolo. Siamo noi a dover decidere se vogliamo morire di debito o diventare sovrani”.
Stampare moneta non provocherebbe però inflazione?
“È un rischio che ad oggi non ci riguarderebbe, anzi un po’ d’inflazione (almeno il 3 per cento) sarebbe un enorme beneficio perché siamo in deflazione strutturale da parecchio tempo. Se anche il governo riuscisse a fare deficit, sarebbe un problema solo per chi ha grandi crediti. Il meccanismo è semplice: se oggi la moneta vale dieci e domani la stessa moneta, per effetto dell’inflazione, vale sette perché si aumenta la massa monetaria circolante, chi ha crediti da riscuotere, cioè tutto il comparto finanziario e bancario, li vedrà dimezzarsi a beneficio di chi oggi è debitore. La paura della Bce è proprio questa: che il valore della moneta scenda. Ecco perché l’Euro viene artificialmente tenuto una moneta forte, malgrado l’economia dell’Eurozona sia più debole”.
Ma la Bce ha fatto il Quatitative easing (Qe): non è stato forse un modo, simile ai minibot, per acquistare debito nazionale e sostenere l’economia nazionale?
“Assolutamente, sono due strumenti non paragonabili. Il Qe è la facoltà del sistema europeo delle Banche centrali di acquistare debito pubblico, ma non nel mercato primario bensì in quello secondario. Ad esempio in questi anni la Bce ha comprato diversi miliardi di debito pubblico italiano non direttamente dal Tesoro, ma dalle banche che regolano il tasso d’interesse sul debito, determinando così lo spread. E ne deriva anche un grande paradosso”.
Quale?
“La Banca d’Italia, che dovrebbe essere la nostra banca centrale ma che in realtà è tenuta a seguire gli indirizzi formulati dalla Bce, non compra direttamente il debito dal Tesoro italiano, ma deve rivolgersi alle banche private pagando l’interesse”.
Lo Stato è dunque subordinato alla finanza?
“Certo. La volontà popolare, che si esprime attraverso il voto, viene costantemente tradita da questo sistema finanziario basato sul debito. Quando uno Stato cede la propria sovranità monetaria nelle mani delle banche speculatrici, diventa ostaggio della loro volontà. In qualsiasi momento possono decidere di prestare o meno il denaro sufficiente per consentire lo scambio di beni e servizi di un Paese. Se la Bce volesse mandare in crisi il sistema finanziario italiano, potrebbe farlo già domattina…”.
A proposito, il sottosegretario Giorgetti nell’agosto scorso ha parlato di possibili speculazioni finanziarie contro l’Italia, considerata un temibile modello di sovranismo per altri Paesi Ue. Lo ritiene credibile?
“In qualsiasi momento la grande finanza può innescare una crisi dovunque voglia. Certo è che dovrebbe poi confrontarsi con un problema di ordine pubblico”.
A cosa fa riferimento?
“Credo che in Italia ci sia molta tensione sociale. C’è, da una parte, una spinta migratoria che non accenna a diminuire, checché se ne dica. E dall’altra una crisi strutturale che dura dal 2011: il tasso di disoccupazione resta alto e le aziende continuano a chiudere. Se a ciò si aggiungesse un attacco speculativo dell’alta finanza, una reazione suppongo che ci sarebbe”.