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Il sindaco di Bibbiano torna libero

La Cassazione ha revocato l'obbligo di dimora nei confronti di Andrea Carletti, il sindaco Pd di Bibbiano, indagato per lo scandalo “Angeli e Demoni” sul presunto sistema di affidi illeciti di minori scoppiato in Val d'Enza, in provincia di Reggio Emilia, nel giugno scorso quando il politico venne arrestato. A distanza di sei mesi ora è tornato libero.  

La sentenza

La sesta sezione penale della Cassazione ha accolto il ricorso del sindaco di Bibbiano contro la misura cautelare dell'obbligo di dimora nel Comune di Albinea, disposta dal Riesame di Bologna in settembre in sostituzione degli arresti domiciliari a cui era stato sottoposto dal 27 giugno per le ipotesi di reato di abuso di ufficio e falso ideologico, in relazione all'affidamento di spazi per la cura di minori.”La Cassazione stabilisce che l'arresto del sindaco di Bibbiano era illegittimo”, commenta il deputato Pd Stefano Ceccanti, “leggeremo il testo, ma sin d'ora parliamo davvero di Bibbiano, della carcerazione preventiva, delle accuse spacciate per condanne, del circuito mediatico-giudiziario, del giusto processo, della presunzione di innocenza”. Il sostituto pg della Cassazione, Ciro Angelillis, dell'udienza a porte chiuse di ieri mattina, aveva invece sollecitato il rigetto del ricorso. Il primo cittadino, sospeso dal ruolo su decisione del Prefetto e autosospesosi dal Partito Democratico, potrà affrontare il processo  (per la metà di dicembre è prevista la chiusura delle indagini preliminari) assieme agli altri 28 indagati nell'inchiesta condotta dalla Procura di Reggio Emilia. L'inchiesta ribattezzata “Angeli e Demoni” coordinata dal sostituto procuratore di Reggio Emilia, Valentina Salvi, vede al centro la rete dei servizi sociali della Val D’Enza, accusati di aver redatto false relazioni per allontanare bambini dalle famiglie e collocarli in affido retribuito da amici e conoscenti.  Gli inquirenti inoltre contestano agli indagati ore e ore di intensi “lavaggi del cervello”durante le sedute di psicoterapia ai minori. I bambini sarebbero stati suggestionati anche con l’uso di impulsi elettrici, spacciati ai piccoli come “macchinetta dei ricordi”, un sistema che in realtà avrebbe “alterato lo stato della memoria in prossimità dei colloqui giudiziari”.

 

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