Quando nell'agosto del 1893 giunse in Italia la notizia che la Compagnie des Salins du Midi avrebbe reclutato lavoratori per la raccolta del sale presso le saline di Aiuges-Mortes, in Francia, la mobilitazione fu piuttosto ingente. In un'Europa vessata dalla crisi economica, con effetti tangibili soprattutto nel meridione, l'occasione di un lavoro stagionale presso la cittadina della Linguadoca risultò ben più che appetibile per i lavoratori italiani ma anche per quelli francesi, anch'essi alle prese con la disoccupazione e con la prospettiva di trarre qualche guadagno andando a raccogliere sale. Niente di strano che, il 16 agosto, alle porte di Aigues-Mortes arrivarono a presentarsi schiere immense di candidati estrattori, pronti a bruciare sotto il sole delle saline per racimolare il denaro necessario a sfamare le loro famiglie al di qua o al di là delle Apli. Quello che non era stato previsto, invece, era la forza motrice che, già allora, la diffusione di una falsa informazione avrebbe potuto scatenare. Lontani dall'immaginare ciò che sarebbe accaduto, centinaia di italiani giunsero sotto le mura fortificate della cittadella medievale, ignari che qualcuno, di lì a poco, avrebbe diffuso su di loro voci, infondate, facile deviazione rispetto alla rabbia provocata dall'essere rimasti senza lavoro.
Gli antefatti
Iniziò tutto la mattina del 16 agosto, quando fra alcuni lavoratori si generò una discussione. Non è mai stato chiaro perché o per cosa. Tutto quello che le cronache riportano è una lite tra due uomini, uno francese l'altro italiano, per un motivo futile (alcuni storici parlano di un fazzoletto intriso di sale lavato nell'acqua dolce), sufficiente però a far degenerare la disputa, senza che tuttavia avvenisse nulla di particolarmente grave. Il tutto in un clima già esasperato da giorni di persistente propaganda di una stampa che gridava “all'invasione silenziosa”, a un esodo italiano che avrebbe portato al fisiologico restringimento dei posti di lavoro per i francesi, attratti da un lavoro che, ad Aigues-Mortes, era davvero attivo solo nel mese di agosto, quando l'evaporazione delle saline metteva in moto l'unica certa fonte di guadagno per la città della Linguadoca. E nelle distese di sale al di qua della cittadella la situazione non è migliore: quantità enormi di sale da trasportare al più presto, reclutamento per mano di caporali, cilma torrido e squadre miste di francesi e italiani fra i quali, complice una latente psicosi “contre piémontais”, non corre buon sangue. Al loro fianco, a premere sotto il sole per ottenere l'agognato posto nelle squadre di estrattori, ci sono i trimards, gruppi di vagabondi reclutati occasionalmente e soggetti appartenenti ai bassifondi della società. In molti rimasero fuori.
Il massacro
La lite, pur terminando di fatto nel volgere di alcuni minuti, si gonfia inesorabilmente, circolano voci, false, che vi siano dei morti e che gli italiani siano responsabili di aver versato sangue francese nel tentativo di accaparrarsi ulteriori posti di lavoro. “L'invasione” annunciata, la psicosi anti-italiana e quella che potremmo definire una progenitrice delle odierne fake-news, furono sufficienti a montare l'ira dei lavoratori locali rimasti senza sale da raccogliere ma con un'abbondante dose di rancore da distribuire con la debita violenza. Al di qua delle mura fortificate, nel centro di Aigues-Mortes, inizia a riecheggiare il grido della caccia all'uomo. Sono i trimards che gridano “Mort aux Italiens”, impiegando ben poco tempo a munirsi di armi rudimentali e a dar sfogo a una cieca furia anti-italiana: si cercano i “piémontais”, si trovano e si uccidono, se possibile. Qualcuno si salva rifugiandosi in qualche carcere, altri accolti in una parrocchia, altri ancora salvati dai 'Giusti', quei cittadini francesi che, coraggiosamente, aprirono le porte delle loro case per accogliere chiunque potessero, evitando un bilancio ben peggiore. L'intervento del comandante della Gendarmerie, che avrebbe dovuto fermare la caccia facendo scortare i lavoratori italiani fuori dalle saline, finisce per facilitare indirettamente il compito della folla. La processione viene attaccata, gli italiani uccisi e feriti. Sul terreno ne restano una decina, a nove di loro sarà dato un volto. Molti però saranno i dispersi.
Nessuna conseguenza
L'esercito, chiamato in ritardo, arrivò solo alle sei del pomeriggio, quando molti lavoratori italiani giacevano riversi a terra, con il viso ancora incrostato di sale. La notizia non ci mette molto ad attraversare le Alpi e a diffondersi in Italia come in tutta Europa, sfociando ben presto nello scontro diplomatico. Un processo ci sarà, seguito dalla stampa globale, dal 'New York Times' al 'Graphic', fino al 'Messaggero': non porterà a nulla, né a incriminazioni né, tantomeno, a condanne. Nessun imputato verrà sanzionato, nessuna responsabilità verrà mai accertata, lasciando sprofondare i fatti di Aigues-Mortes negli archivi di tribunali e coscienze. Persino i giornali francesi criticarono il nulla di fatto. Finì tutto lì, dove era cominciato, fra le saline arse dal sole macchiate dall'ombra della menzogna ancor prima che dal sangue di semplici lavoratori.