“Evidentemente mi sono espresso male e me ne scuso”. Giuliano Poletti prova a correggere il tiro dopo la clamorosa gaffe sulla fuga all’estero di 100 mila giovani italiani. “In alcuni casi è un bene non averli più tra i piedi” aveva detto il ministro del Lavoro, scatenando un vero e proprio putiferio. “Penso semplicemente che non sia giusto affermare che a lasciare il nostro Paese siano i migliori – ha chiarito Poletti – e che, di conseguenza, tutti quelli che rimangono hanno meno competenza e qualità degli altri”.
Ma la frittata ormai era fatta. Le opposizioni non hanno infatti esitato a chiederne le dimissioni. La dichiarazione di Poletti, del resto, è di quelle che non passano inosservate e a stretto giro sono arrivate le repliche di Luigi Di Maio (“Vada via lui, non i giovani”), Pippo Civati (“Giovani votano no e Poletti la fa pagare”), Nichi Vendola (“togliamocelo dai piedi), Stefano Fassina (“E’ ora che Poletti si dimetta”), Barbara Saltamartini (“E’ più offensivo di Renzi”). “Sono parole indegne in qualsiasi Paese – ha attaccato Matteo Salvini – non è un passante ma fa il ministro del Lavoro”. Il leader della Lega ha annunciato di voler raccogliere “firme fuori da scuole e università, vorrei che questi giovani laureati avessero tra le mani questo amministratore per spiegargli come gira il mondo. Noi cercheremo di portarlo alle dimissioni il prima possibile”.
Le parole di Poletti sono arrivate nel giorno in cui l’Inps ha segnalato un vero e proprio boom di voucher nel 2016. Il ministro ha assicurato che l’esecutivo è pronto a intervenire ancora e a “rideterminare dal punto di vista normativo il confine dell’uso dei voucher. Abbiamo introdotto la tracciabilità e dal prossimo mese vedremo l’effetto. Se è quello di una riduzione della dinamica di aumento e di una messa sotto controllo di questo strumento, bene. Se invece i dati ci diranno che anche questo strumento non è sufficiente a riposizionare correttamente i voucher la cosa che faremo è rimetterci le mani”. Nessun intervento di correzione è invece previsto per il Jobs act: “E stata – ha detto Poletti – una buona legge, una legge che ha fatto bene e fa bene al Paese”.