La flat tax è un impegno preso con gli elettori e poi trasfuso nel contratto di governo. Porteremo a termine anche questo progetto riformatore. Già l'anno scorso abbiamo fatto una significativa anticipazione di una riforma più complessiva. Sicuramente va completata, ci stanno lavorando le forze politiche, i ministri competenti e vedremo tutti insieme”. Il premier Giuseppe Conte ha così provato a sgomberare il campo da equivoci dopo le recenti frizioni fra il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, e quello dell'Interno, Matteo Salvini, riguardanti il reale costo della flat tax.
Asse portante
Si tratta, per capirsi, della seconda colonna portante – dopo il reddito di cittadinanza, già in parte operativo – della politica economica inaugurata dal governo Lega-Movimento 5 Stelle. Se ne è fatto promotore proprio il Carroccio, mutuandola dal programma col quale la coalizione di centrodestra si è presentata alle elezioni politiche del 4 marzo 2018. Obiettivo della riforma? Ridurre la pressione fiscale e, nel contempo, combattere il fenomeno dell'evasione.
Il sistema attuale
Ma come funziona? A chi si applicherebbe? Proviamo a spiegarlo in parole semplici, partendo dai principi generali. L'articolo 53 della Costituzione, che informa l'intero sistema fiscale italiano, recita: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività“. In soldoni (mai parola fu più azzeccata): chi più ha più deve contribuire al sostentamento dello Stato, assicurando servizi e prestazioni anche alle fasce più povere della popolazione. Il sistema progressivo, cui fa riferimento la nostra Carta fondamentale, prevede proprio questo. Ne è nato un modello, per quanto riguarda l'Irpef, che applica aliquote diverse a seconda della fascia di reddito di appartenenza (il cosiddetto scaglione). Gli scaglioni previsti sono 5:
- 0-15.000 euro di reddito annuo, aliquota al 23%
- 15.001-28.000 euro, 3.450 euro più aliquota al 27% per la parte che eccede i 15.000 euro
- 28.001-55.000, 6.960 euro più aliquota al 28% per la parte che eccede i 28.000 euro
- 55.001-75.000, 17.220 euro più aliquota al 41% per la parte che eccede i 55.000 euro
- Oltre i 75.000, 25.420 euro più aliquota al 43% per la parte che eccede i 75.000 euro
Tassa piatta
La flat tax (in italiano “tassa piatta”) “pura”, di per sé, si basa su un sistema non progressivo con l'applicazione di un'aliquota unica, al netto di deduzioni e detrazioni. L'imposta – cioè l'esborso materiale del contribuente – dipenderà ovviamente dal reddito. Facciamo un esempio per semplificare: lo Stato X applica la flat tax con aliquota al 10%. Se il reddito del cittadino A sarà pari a 1000 , il prelievo sarà di 100, se quello del cittadino B avrà reddito pari a 10.000, l'esborso sarà invece di 1000. I due contribuenti, dunque, pagheranno somme diverse nonostante l'aliquota applicata sia sempre del 10%. In Italia per fare una cosa del genere bisognerebbe riformare la Costituzione. La soluzione, per il governo, è rappresentata da una dual tax, basata su due aliquote per scaglioni di reddito, in modo da rispettare il principio di progressività.
Cosa c'è già
Nel programma di governo era prevista l'introduzione di due aliquote fisse al 15% e al 20% per persone fisiche, partite Iva, imprese e famiglie. La manovra ha già previsto per i lavoratori autonomi (con ricavi fino a 65 mila euro) un'aliquota del 15%, e dal 2020 del 20% sulla quota eccedente fino a 100.000 euro. Con la Legge di Bilancio, inoltre, è stata introdotta una flat tax con aliquota al 7% per i pensionati residenti all'estero da almeno 5 anni che scelgono di trasferirsi nel Mezzogiorno, in Comune con popolazione non superiore ai 20mila abitanti.
Cosa manca
La vera, partita, però, si gioca sui dipendenti. La Lega, in sostanza, vorrebbe che la flat tax venisse applicata alle famiglie in quanto tali. Le aliquote sarebbero due: una del 15% (per redditi familiari sino a 50mila euro) e un'altra del 20% per i nuclei con reddito superiore a 50mila euro. I grillini, invece, chiedono l'introduzione di tre scaglioni: 1) Fino a 25mila euro (aliquota tra il 24 e il 25%); 2) Fra 25mila e 100mila euro (38%); 3) superiori a 100mila euro (43%).
Chi la applica
Ideata dall'economista americano Milton Friedman, la flat tax è applicata in diversi Paesi del mondo, in particolare dell'est Europa, dove questo strumento è stato introdotto nella speranza di stimolare la crescita economica. In Estonia, Lettonia e Lituania, è applicata un'aliquota unica, rispettivamente, del 24%, 25% e 33%. In Russia, dal 2001, il prelievo sui redditi è pari al 13%. Stessa aliquota venne adottata in Ucraina, salvo poi essere aumentata al 15% dal 2007. In Slovacchia il sistema, avviato nel 2004, è stato abolito nel 2013. Viene anche applicata in Romania, Macedonia, Albania e Bulgaria. Negli Stati Uniti, sebbene le tasse federali siano progressive, cinque stati su cinquanta — Illinois, Indiana, Massachusetts, Michigan e Pennsylvania — hanno un'unica aliquota su redditi delle persone, dal 3,07% (Pennsylvania) al 5,3% (Massachusetts).
Aspetti critici
E' tutto oro quel che luccica? Non sempre. Diversi analisti hanno sottolineato alcuni aspetti negativi della flat tax. Tra questi ci sarebbe un minor gettito per l'erario (lo Stato incasserebbe meno) che non verrebbe compensato da una diminuzione dell'evasione fiscale. Non manca chi evidenzia problemi di equità, visto che il sistema andrebbe ad avvantaggiare notevolmente chi ha redditi più alti. Infine, sostengono i critici, la deduzione fissa potrebbe far venire meno una serie di detrazioni d'imposta che nel tempo sono diventate agevolazioni a tutti gli effetti, come quelle per la scuola o per i disabili.