Potrebbero esserci altri ponti e viadotti non sicuri in Italia. Chi doveva mettere per iscritto e nero su bianco lo stato di salute delle infrastrutture per la viabilità potrebbe aver infatti falsificato le relazioni in merito alle loro condizioni e al loro stato di conservazione, anche dopo il tragico crollo del Ponte Morandi di Genova. A dirlo, l'inchiesta parallalela a quella del Morandi che ha portato all'esecuzione, da parte del I Gruppo della Guardia di Finanza di Genova, di un'ordinanza di nove misure cautelari per presunta attività di falso nei confronti di dirigenti e tecnici di due aziende entrambi presenti in Atlantia, Autostrade per l'Italia (Aspi) e Spea Engineering. Si tratta di tre arresti domiciliari e sei misure interdittive dal pubblico servizio e dal divieto temporaneo di esercitare attività professionali per 12 mesi.
L'attività
A finire sotto la lente d'ingradimento degli inquirenti le attività di controllo delle concessionarie su sei viadotti autostradali sparsi per tutto il paese. Sarebbero stati fatti oggetto di rapporti alterati appositamente per farli sembrare sicuri al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, così da evitare interventi di manutenzione con un conseguente risparmio per le società. Due in particolare le strutture che hanno interessato le Fiamme gialle. Il Pacetti, sull'autostrada A26, e il Paolillo lungo la A16 Napoli-Canosa. Un elemento preoccupante è che quest'attività non si era interrotta dopo le 43 vittime del 14 agosto di un anno fa, ma è stata reiterata.
I nomi
Ai domiciliari sono finiti gli Massimiliano Giacobbi Lucio Torricelli Ferratti di Spea, insieme a Gianni Marrone. Sospesi per un anno dalla professione invece dipendenti sia della controllata sia di Aspi: Maurizio Ceneri, Andrea Indovino; Luigi Vastola; Gaetano Di Mundo; Francesco D'Antona e Angelo Salcuni. A chiedere l'ordinanza al giudice sono stati i pubblici ministeri Walter Cutugno e Massimo Terrile, che curano il filone principale dell'inchiesta sul ponte di Genova.