Se la Fiat è salva è grazie a lui”. Non usa giri di parole John Elkann, nuovo presidente dell'azienda, a una manciata di ore dalla nomina di Mike Manley come nuovo amministratore delegato della società. Elkann ha affidato il suo ringraziamento personale all'ex ad in una sentita lettera inviata ai dipendenti, nella quale ha rivelato le sue gravi condizioni fisiche e descrivendolo come “il miglior amministratore delegato che si potesse desiderare e, per me, un vero e proprio mentore, un collega e un caro amico”. Il quadro clinico di Marchionne è repentinamente peggiorato nella giornata di ieri, a seguito di un intervento chirurgico la cui convalscenza post-operatoria si è complicata in modo inatteso, decretando l'impossibilità, per lui, di riprendere l'attività lavorativa. Elkann ha ricordato di averlo conosciuto “in uno dei momenti più bui nella storia della Fiat” e che è stato “grazie al suo intelletto, alla sua perseveranza e alla sua leadership se siamo riusciti a salvare l’azienda”.
Le qualità di un leader
Nella sua lettera, il presidente ricorda anche “l'incredibile turnaround in Chrysler” effettuato da Marchionne “e, grazie al suo coraggio nel lavorare all’integrazione culturale tra le due aziende, ha posto le basi per un futuro migliore e più sicuro per noi tutti”. Per questo, scrive, “saremo eternamente grati a Sergio per i risultati che è riuscito a raggiungere e per aver reso possibile ciò che pareva impossibile. Ma come lui stesso ha detto più volte: 'Il vero valore di un leader non si misura da quello che ha ottenuto durante la carriera ma da quello che ha dato. Non si misura dai risultati che raggiunge, ma da ciò che è in grado di lasciare dopo di sé'”. Un aspetto della leadership che, scrive Elkann, era ben rispecchiato in Marchionne: “Ciò che mi ha veramente colpito di lui, al di là delle capacità manageriali e di un'intelligenza fuori dal comune, sono state le sue qualità umane. Qualità che gli ho visto negli occhi, nel modo di fare, nella capacità di capire le persone. Ci ha insegnato ad avere coraggio, a sfidare lo status quo, a rompere gli schemi e ad andare oltre a quello che già conosciamo”.
Verso il futuro
Ora, spiega il presidente, non resta che mettere a frutto quanto appreso: “L’eredità che ci lascia parla di ciò che è stato davvero importante per lui: la ricerca dell’eccellenza, l’idea che esiste sempre la possibilità di migliorare. I suoi insegnamenti, l’esortazione a non accettare mai nulla passivamente, a non essere soddisfatto della mera sufficienza sono ormai parte integrante della nostra cultura in FCA: una cultura che ci spinge ad alzare sempre l’asticella e a non accontentarci mai della mediocrità”. Per questo “la definizione che Sergio ci ha dato della parola leader è valida oggi più che mai. Quello che conta davvero è il tipo di cultura che un leader lascia a chi viene dopo di lui. Il miglior modo per giudicarlo è attraverso ciò che l’organizzazione fa dopo di lui. Questo è solo uno dei tanti esempi di quanto Sergio fosse un leader vero e molto raro”.