Per tornare alla normalità i comuni del reatino e dell’ascolano devastati dal terremoto del 24 agosto scorso potrebbero guardare al modello dei moduli abitativi provvisori (Map) adottati in Abruzzo. Si tratta di proprie città in miniatura, in legno, realizzate in base a un piano regolatore complessivo, con servizi di ogni genere, dalla chiesa all’edicola, dall’ambulatorio al bar, per ripartire dopo un sisma distruttivo senza spopolare i paesi, ma mantenendo unita e collegata anche sul piano sociale la comunità. Questi prefabbricati sono stati introdotti nel cratere sismico abruzzese dopo il terremoto di L’Aquila del 2009.
Queste “Mini città”, nei casi di migliore riuscita, di provvisorio hanno solo il nome, perché sono studiate per rimanere anche dopo la ricostruzione, facendo subentrare giovani coppie e altri inquilini in affitto agli sfollati man mano che i lavori vanno avanti. Un circolo virtuoso che produce reddito e consente anche di abbattere le tasse. È il caso di Fossa (L’Aquila), che oltre alla sede centrale dell’ufficio speciale per la ricostruzione (Usrc) ospita una città in miniatura pensata come tale fin dall’inizio.
Oltre alle case della Protezione civile ci sono quelle degli Alpini, del Friuli Venezia Giulia e della comunità di Verona. Come riferisce il sindaco dell’epoca, Luigi Calvisi, “il villaggio di Fossa è unico. Solo noi tra tutti i comuni abbiamo avuto uno tsunami oltre al terremoto, ossia è crollata la montagna e quindi sapevamo che il paese avrebbe avuto tempi di ricostruzione più lunghi di tutti gli altri”. “Il mio dubbio era: se costruiamo solo delle case, se non ci inventiamo qualcosa, dove ci incontriamo? Perciò abbiamo stilato un progetto completo di tutto, anche di optional, un puzzle completo – spiega Calvisi – il nostro villaggio è diverso dagli altri: ha una piazza centrale, un parco giochi, la chiesa degli Alpini che in realtà è una basilica, la farmacia con ambulatorio, il centro polifuzionale, il bar, l’alimentari, un campetto di calcetto e bocce, e poi 150 case con 150 giardini”.
Un villaggio più grande del previsto, “da 30 mila metri quadrati siamo arrivati a 60 mila, più arioso, con 1 milione di euro di oneri di urbanizzazione non finanziati dallo Stato e trovati grazie a donazioni”. È costato 12,5 milioni di cui 7,5 frutto di donazioni. “A distanza di 7 anni, dico purtroppo per la tragedia che si sta vivendo, penso possa essere un modello per Amatrice – conclude Calvisi – lo consiglio anche perché rende 100 mila euro all’anno al Comune e da 4 anni l’ente ha azzerato la Tasi che pesava per 30 mila euro annui”. Un altro caso virtuoso è quello di Villa Sant’Angelo (L’Aquila), il cui villaggio rende al Comune 40 mila euro all’anno. Il comune ebbe 17 morti e 230 sfollati. Map realizzati dalla Provincia di Trento che vengono considerati i migliori del ‘cratere’. “Non sono attaccati tra loro, ma tra l’ uno e l’altro sono stati realizzati piccoli stanzini, con pareti singole che non si toccano – rimarca l’allora sindaco Pierluigi Biondi – siamo stati il primo Comune a non avere più sfollati, in due ondate a partire dal 24 ottobre 2009, e il 5 dicembre tutti avevano una casa”.
Anche qui la pianificazione innanzitutto: “Il villaggio Map riconnette Villa alla frazione di Tussillo – evidenzia l’ex amministratore – ed è completo di farmacia, asilo, ambulatorio, bar, alimentari, estetista, tabaccheria, sala parrocchiale, chiesa, e centro aggregativo, questo l’unico in muratura”.