Renzi ha perso la sintonia “con la base e con il Paese”, “non si è limitato a rottamare un gruppo dirigente; sta rottamando alcuni milioni di elettori”. Lo ha detto l’ex premier Massimo D’Alema in un’ampia intervista al Corriere della Sera in cui analizza l’esito delle amministrative e dà il suo giudizio anche sull’ Italicum e sul referendum di ottobre: “voterò No”. Sull’Italicum, D’Alema spiega che “la sentenza della Corte sollevava due questioni: il diritto del cittadino di scegliere il proprio rappresentante; e il carattere distorsivo del premio di maggioranza, quando è troppo grande. La risposta dell’Italicum è molto parziale e deludente”.
Al referendum di ottobre, aggiunge, voterà No e le ragioni, chiarisce, “non sono molto diverse” da quelle per cui votò No, nel 2006, alla riforma di Berlusconi. “Che per certi aspetti era fatta meglio. Anche quella prevedeva il superamento del bicameralismo perfetto e la riduzione dei parlamentari. Ma riduceva anche i deputati. E stabiliva l’elezione diretta dei senatori; non faceva del Senato un dopolavoro”.
Secondo il leader Massimo personalizzare in chiave plebiscitaria il referendum “è stato un gravissimo errore; inviterei Renzi a dire che resta comunque; proprio come dopo la sconfitta alle amministrative”. Questa riforma, aggiunge, “peggiora le cose, perché riduce gli elementi di controllo democratico e – combinata con l’Italicum – trasforma il Parlamento nella falange di un capo”. Sulle amministrative, D’Alema osserva che “la sconfitta va molto al di là di specifici eventi locali”, su dimensioni di “disastro” come a Roma e Napoli “ha pesato una vera e propria disgregazione del partito”. A Milano invece il Pd ha tenuto “non perché Renzi ha scelto Sala; perché Pisapia si è battuto come un leone per coprirlo a sinistra”.
Fassino invece “non meritava di sentirsi dire, dopo aver sostenuto Renzi in tutti i modi – anche troppo, come presidente dell’Anci – che ‘abbiamo perso perché avevamo volti vecchi'”. Per D’Alema “serve una figura che si occupi del Pd a tempo pieno. E serve una direzione collegiale. Il partito è stato volutamente lasciato senza guida”. Renzi, spiega, “è convinto di essere il Blair italiano. Ma Blair si circondò del meglio del suo partito, non di un gruppetto di fedelissimi”. La speranza di un cambiamento del premier “è l’ultima a morire”, aggiunge D’Alema, “ma non mi pare una persona orientata a tenere conto degli altri e neanche della realtà; neanche di quelle più prossime, visto che abbiamo perso a Sesto Fiorentino”.