La Procura di Perugia ha avviato un’indagine a carico di Eugenio Albamonte, presidente dell’Associazione nazionale magistrati e pm della Procura di Roma, finito sotto i riflettori per i presunti reati di falso ed abuso d’ufficio. Un’ipotesi di reato nata da un esposto presentato dall’ingegnere nucleare Giulio Occhionero, arrestato il 9 gennaio scorso con l’accusa di aver condotto, assieme alla sorella Francesca Maria, un’attività di cyberspionaggio e accesso abusivo a sistemi informatici. Nel corso dell’inchiesta erano emerse numerosi attacchi hacker nei confronti di caselle di posta elettronica, tra le quali quelle appartenenti a diversi personaggi politici, da Matteo Renzi a Mario Draghi ma, nel febbraio scorso, lo stesso Occhionero aveva presentato un esposto nel quale si parlava di gravi violazioni nell’operato della Polizia postale.
L’esposto di Occhionero
L’esistenza di un procedimento penale nei confronti di Albamonte è stato comunicato dai difensori di Occhionero, i legali Parretta e Bottacchiari, al giudice monocratico del Tribunale, Anonella Bencivinni, il quale ha sospeso l’udienza dopo la richiesta di astensione avanzata dagli avvocati al rappresentante della pubblica accusa. Quando Occhionero aveva presentato l’esposto, aveva evidenziato presunte modalità errate nella conduzione dell’indagine avviata dalla Procura e dalla Polpost. Nel mese di giugno, l’ingegnere era stato ascoltato come persona informata dei fatti, oltre che come indagato, confermando le sue accuse contro gli inquirenti. Durante il suo interrogatorio, l’accusato aveva ribadito che il suo arresto si era verificato in circostanza fuori norma e che aveva pesantemente violato la sua privacy.
L’indagine
Nel registro degli indagati, assieme al pm, sarebbero finiti anche due agenti della Polizia postale, inseriti nel fascicolo (aperto per atto dovuto) anch’essi con le ipotesi di reato di falso e abuso di ufficio. Il fronte dell’indagine, dunque, si allarga: nei mesi scorsi, non era stato ben definito quali fossero i moventi dello spionaggio messo in atto dai due fratelli Occhionero ai danni dei politici italiani: gli inquirenti avevano ipotizzato elementi quali la diffusione di informazioni sugli appalti, investimenti in borsa o, ancora, la raccolta di dati sensibili con prospettive d’uso future.