La violenza attraversa la rete e gli adolescenti di oggi ne sono sempre più i protagonisti. Per combattere nuovi pericoli nati sul web, scende in campo la polizia di Stato accanto alla Società italiana di Pediatria. Minacce, insulti, persecuzioni, invio di foto o filmati attraverso i social o le chat, creazione di profili falsi su Facebook, tutto quello che può servire per vessare un compagno di classe. Così oggi si manifesta il bullismo, di cui il 31% dei tredicenni (35% ragazze) è stato vittima almeno una volta, il 56% dichiara di avere amici che lo hanno subito. Nell’ 85% dei casi gli adulti non ne sono informati. A svelarlo è l’indagine “Abitudini e stili di vita degli adolescenti” 2014 condotta su un campione di nazionale di 2.107 studenti delle terze medie.
I dati sono stati presentati per la prima volta oggi agli Stati Generali della Pediatria, organizzati dalla Società Italiana di Pediatria e dalla Polizia di Stato, in collaborazione con Facebook in occasione della Giornata Mondiale del Bambino e dell’Adolescente dedicata al tema “Bambini sicuri dalla strada alla rete”. L’iniziativa che ha coinvolto gli studenti delle scuole di Roma, vuole sensibilizzare genitori, insegnanti e istituzioni per collaborare alla protezione dei minori, favorendo un uso positivo del web. Il bullismo non può essere considerato un semplice atteggiamento aggressivo e prepotente, ma è una comportamento volontario, ripetuto nel tempo e che sfrutta caratteristiche di superiorità rispetto alla vittima, come per esempio l’età, la forza fisica o in questo caso la popolarità in rete. La prevenzione attraverso l’educazione è considerato lo strumento migliore per lavorare sulle famiglie e sui più giovani.
La Sipps (Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale) ricorda che esistono campanelli d’allarme ai quali i genitori dovrebbero far attenzione osservando i propri figli. Tra questi vengono distinte le condizioni favorevoli e i comportamenti sospetti. Per i primi spesso emerge che il bambino fa un uso inappropriato di internet, smartphone o tablet, senza alcun controllo e fino a tarda notte; uno scambio spesso ossessivo di immagini e l’uso di frasi o messaggi sui social network che possono destare inquietudine. Tra i comportamenti che possono risultare sospetti si verifica spesso: il rifiuto di parlare di ciò che i ragazzi fanno online, un conseguente calo del rendimento scolastico, turbamento o malessere dopo aver utilizzato internet, reazioni aggressive, l’acquisto o il possesso di accessori o oggetti che presuppone una disponibilità di denaro non ragionevole o qualche baratto poco convincente.
Dagli studi dell’Università dell’Arizona, elaborando i dati di circa 1.500 studenti di scuola superiore, è emerso che il cyberbullismo è strettamente collegato a depressione e comportamento suicida. In merito gli esperti raccomandano l’importanza di riconoscere tempestivamente eventuali segnali e cambiamenti comportamentali nei ragazzi, e la necessità di allargare alla scuola media l’educazione sul bullismo in rete col fine di attuare strategie preventive.