La soluzione della crisi libica non può prescindere da politica e diplomazia. Ne è convinto il presidente del Senato, Piero Grasso, intervenuto alla Camera in occasione dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, Comitato per gli Affari Politici e la Democrazia. “Sono convinto che l’obiettivo debba essere promuovere, come l’Italia sta facendo, una soluzione politica affidata alle Nazioni Unite: la costituzione di un governo di unità nazionale che interrompa le ostilità militari, riacquisti progressivamente il controllo del territorio e il potere di spesa e che diventi un credibile interlocutore per l’Europa” ha detto Grasso sostenendo che nella lotta allo Stato Islamico “alle azioni militari già in corso per contenerne l’espansione territoriale, debbano affiancarsi strategie per dare vita progressivamente a istituzioni, a luoghi della politica, che riempiano i vuoti geopolitici occupati dal terrorismo. Ripartire dalla storia per costruire il futuro è un dovere che spetta a noi, alla politica”.
Più in generale, ha spiegato Grasso, “il Grande Mediterraneo è divenuto il punto più nevralgico di un sistema globale mai così frammentato e disgregato. Di Mediterraneo recentemente si è parlato molto e giustamente, sia per le minacce di sicurezza che provengono dalla sponda sud e sud-orientale di questa vasta area geografica, sia per la drammatica catastrofe umanitaria collegata ai flussi migratori. Personalmente sostengo i piani che la Commissione Europea ha presentato come un primo passo importante. Più in genere, credo che la storia che sarà scritta sui tempi che viviamo misurerà la coerenza e la visione politica dell’Unione Europea e dell’Europa intera, sul grado di responsabilità e di solidarietà con cui sapremo affrontare il tema migratorio, nel pieno rispetto del diritto internazionale, della vita umana e dei nostri valori costitutivi”.
Per quanto riguarda poi le diverse crisi in atto (oltre al caso Libia ci sono anche Yemen e Siria), il presidente del Senato crede che “sia necessario muovere dalla realistica consapevolezza che non possiamo stabilizzare rapidamente i focolai di guerra e nemmeno determinare presto condizioni di vita e governo accettabili in altri aree della regione. E’ ineludibile una strategia comune rivolta al medio termine, con azioni di stabilizzazione politica delle crisi e di sostegno allo sviluppo”.