C'è un'Italia che rischia di scomparire. È quella delle terre coltivate, un tempo fiore all'occhiello del Belpaese e traino di un'economia basata molto sul settore primario. Ma negli ultimi venticinque anni oltre un quarto delle coltivazioni sono andate perdute per colpa della cementificazione e dell’abbandono.
La superficie agricola utilizzabile si è ridotta quindi a 12,8milioni di ettori, perdendo così il 28%. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata alla vigilia della Giornata del consumo del suolo che si celebra il 5 dicembre.
Terra coltivata significa produzione agricola di qualità, sicurezza alimentare e ambientale per i cittadini nei confronti del degrado e del rischio idrogeologico. La Coldiretti sottolinea che su un territorio meno ricco e più fragile si abbattono cambiamenti climatici con precipitazioni sempre più intense e frequenti con vere e proprie bombe d’acqua che il terreno non riesce ad assorbire. Il risultato – sostiene l'associazione – è che sono saliti a 7.145 i comuni italiani (l’88,3% del totale) a rischio frane e/o alluvioni (dati Ispra).
Per Coldiretti occorre difendere il patrimonio agricolo accelerando sull’approvazione della legge sul consumo di suolo, ormai da alcuni anni ferma in Parlamento, che potrebbe dotare l’Italia di uno strumento all’avanguardia per la protezione del suo territorio. Un’esigenza che si estende a livello comunitario dove la task force – Acli, Coldiretti, Fai, Inu, Legambiente, Lipu, Slow Food e Wwf e altre 500 associazioni promotrici di “People4Soil” che hanno aderito al network europeo (www.salvailsuolo.it) – ha lanciato un appello rivolto alla Commissione Ue, che fa riferimento all’obiettivo delle Nazioni unite di fermare il degrado di suolo a livello globale entro il 2030.