Se sia vera pace o piuttosto una tregua armata sarà solo il tempo a dirlo. Sta di fatto che il vertice di Palazzo Chigi ha quanto meno avuto il pregio di porre un'argine alle polemiche e agli scontri che – complice anche la campagna elettorale per le Europee – hanno seriamente rischiato di far naufragare il governo Lega-M5s.
Ribellione
Un quadro incerto lascia spazio a voci di corridoio e ricostruzioni con cui deve confrontarsi soprattutto Giuseppe Conte. Negli ultimi giorni il presidente del Consiglio è sembrato ribellarsi all'immagine di mero mediatore fra le due forze politiche, di “notaio” senza voce in capitolo. “Qualcuno qui deve ancora capire come sono fatto” avrebbe detto, secondo Repubblica, prima di vedere i due vicepremier. E ancora: “Non ci sarà nessuno scontro perché, se non andiamo d’accordo, io li lascio liberi. Una cosa deve essere chiara: sto qui se mi convincono loro, non sono io a doverlo fare. Se vogliono andare a sbattere contro un muro, vadano pure”. Parole che un nota di Palazzo Chigi ha prontamente smentito (Repubblica le ha invece confermate).
Partita personale
Sia come sia, l'opera di smarcamento del premier dai due leader della maggioranza sembra inesorabile. Se questo sia finalizzato a costruire un percorso politico personale (Conte gode comunque di un consenso esteso e trasversale fra gli italiani) o a rafforzare il suo ruolo di principale interlocutore del governo a livello internazionale lo si vedrà più avanti.
L'Europa
Di certo la partita europea è quella su cui Conte sta lavorando in questo momento. Ha chiaramente detto di non voler essere il primo capo del governo responsabile di una procedura d'infrazione contro l'Italia. Un primo punto di contatto con i partner comunitari ci sarà venerdì a Malta, in occasione del vertice Europa Med7 che riunisce i Paesi del Sud Europa. Possibile che, a margine, spunti qualche bilaterale a cominciare da quella con il presidente francese, Emmanuel Macron. Meno di una settimana dopo il premier sarà al Consiglio europeo sui top jobs europei. La sua intenzione è arrivarci con uno schema già pronto. Conte si siederà a un tavolo con i suoi interlocutori e, numeri alla mano, si faranno i conti. Con un coefficiente di difficoltà evidente: al momento i numeri dell'Italia e quelli dell'Ue sul deficit del prossimo anno non corrispondono. Il metodo scelto è quello di un dialogo sereno con l'Ue. Linea condivisa anche dal ministro Tria e dal Quirinale.
Nomine Ue
Il 20 giugno, a Bruxelles, il negoziato sui conti si incrocerà con la partita dell'Italia per le nomine Ue. Concorrenza, Industria o Commercio, sono le commissioni a cui punta il governo. Sui nomi da proporre sarà la Lega, forte del 34% incassato alle Europee, a dettare legge. Il nome caldo è quello di Giancarlo Giorgetti che, tuttavia, accetterebbe una commissione non di peso (e l'Italia, al momento, non può avere grosse ambizioni). Possibile, quindi che si viri su un'alternativa, sempre interna alla rosa dei ministri leghisti.
Rimpasto
Fattore, quest'ultimo, che accelererà un rimpasto più generale, altra partita a cui Conte intende partecipare, non semplicemente assistere. Al ministro per gli Affari Ue è destinato un leghista (Alberto Bagnai sarebber in pole), ma la nomina non sarà fatta a brevissimo. Mentre sugli altri dicasteri Di Maio attende le mosse leghiste. “Vogliono il Mit? Ce lo chiedano ufficialmente e ci sediamo al tavolo”, hanno spiegato all'Ansa fonti del M5S. A quel punto, però, le possibilità che il ministero retto da Danilo Toninelli vadano alla Lega sono alte: con Alessandro Morelli, secondo i rumors di palazzo, possibile sostituto. Resta nell'aria anche un cambio di guardia alla Salute guidata da Giulia Grillo ma qui il pressing della Lega è forse minore.