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Cosa succede a chi resta senza casa

Quando ci sono bimbi piccoli, malati e persone deboli, la regola per i comuni è cercare una soluzione di emergenza, come alberghi o residence. E poi c’è il Fondo nazionale per la morosità incolpevole. Avere una casa popolare è come vincere alla lotteria. In Italia ci sono 900mila alloggi cosiddetti “popolari”, le famiglie in lista d’attesa sono 650mila. Le assegnazioni sono 1000, massimo 1.500 all’anno.

Nove volte su dieci

Come raccontano i numeri pubblicati dal ministero dell’Interno, su 59.600 sentenze di sfratto dello scorso anno 52.500 sono per morosità incolpevole. Di questi 22.629 nelle città capoluogo, il resto (e sono 29.962) tra periferia e province. “Tradotto, nove volte su dieci non ci sono abbastanza soldi per pagare l’affitto osserva La Stampa -. La definizione di 'morosità incolpevole' sta per il lavoro che non c’è più, una malattia, un bimbo che ha bisogno di attenzioni speciali”. Quel che i numeri non riescono a spiegare lo riportano le cronache locali.

Storie di ordinaria disperazione

C'è Ramazan che lavora, anzi lavorava, come manovale in cantiere a Treviglio, Bergamo. Ha una moglie e quattro figli. Anche Claudia ha due bimbi piccoli, uno disabile. Abitava in una palazzina popolare di Ostia, ora sta in albergo, poi chissà. Stessa sorte della famiglia Trozzi,che vive a Perugia e di figli invalidi ne ha due. “Gli sfratti non sono più un problema delle grandi aree urbane, ormai proibitive. Chi più fa fatica si sposta nei piccoli centri”, spiega alla Stampa Massimo Pasquini, segretario dell’Unione inquilini, nata nel 1968 dai comitati di base delle case popolari. L’ultimo report del ministero gli dà ragione.

La classifica delle province

Conquista il primo posto con una sentenza di sfratto ogni 34 famiglie in affitto la provincia di Modena. Seguono Andria-Barletta-Trani, Pescara, Imperia, Prato, Savona, Torino, Cosenza, Taranto e Rimini. A Torino ci sono circa 60mila case vuote, a Milano 70mila, a Roma più di 200mila. “Numeri impressionanti, probabilmente sottostimati- sottolinea il quotidiano diretto da Maurizio Molinari-. Con una spiegazione semplice: gli affitti nelle grandi città sono alti. Se non si trova l’affittuario giusto, meglio lasciare le case vuote”. Lo scorso anno ci sono state 132.107 richieste di sfratto, quelle eseguite sono 32.069. Il tempo di uno sfratto sta tra l’anno e mezzo e i due anni, anche se può durare pure il doppio. Questa la norma, poi ci sono le eccezioni. Sempre peggiorative.

Perché il Fondo non basta

A Milano il numero degli sfratti dal 2016 è calato del 40%. A denunciarlo sono gli avvocati milanesi che hanno contestato al ministero della Giustizia una direttiva dell’Unep (Ufficio notificazioni esecuzioni e protesti) che consente di arrivare a casi estremi di 16 rinvii. “Per i proprietari niente affitto, ma tasse, spese condominiali e interventi straordinari- riferisce La Stampa-.E le spese legali per la procedura di sfratto. Da tradizione, a fare i picchetti ci sono i centri sociali. Sempre più spesso, le delegazioni di estrema destra di CasaPound. Ogni volta che l’ufficiale giudiziario esce, sono 50 euro. Il Fondo per la morosità era stato istituito nel 2013 con 20 milioni e altrettanti nel 2014. Da quest’anno il budget per chi un affitto proprio non se lo può permettere è di poco meno di 46 milioni di euro, distribuiti tra le diverse Regioni. “Una buona notizia, che si porta dietro un altro paradosso- precisa il quotidiano-. Non tutti i comuni riescono ad assegnare i fondi. Non perché non ce ne sia bisogno, ma perché sono troppo poche le richieste. A Lecce nel 2017 ci sono stati 474 sfratti, meno di dieci richieste. E i 109mila euro stanziati restano in cassa. A Isernia per accedere al contributo bisogna versare un acconto del 15 per cento”. Molte delle famiglie sfrattate non riescono più a tornare sul mercato della locazione e aumentano perciò le coabitazioni e gli affitti di camere o di letti “in nero”.

La lotteria delle case popolari

Oltre 50 mila case popolari non sono abitabili. “Far la classifica delle sfortune è difficile, così i criteri di assegnazione cambiano di regione in regione- sottolinea La Stampa-. Tra i più discussi, c’è la residenza. E si ripropone la più ricorrente delle domande: prima gli italiani o gli stranieri? Ma se ci sono proprietari di casa che non affittano e persone che avrebbero diritto a una casa, lo Stato non può farsi garante?” A Roma tra il 2008 e il 2013 non c’è stato nessun bando per le case popolari. “Lo scorso anno una nuova iniziativa: il Campidoglio avrebbe preso in affitto gli alloggi direttamente dai proprietari, per poi assegnarli alle famiglie. Nessuna adesione. Così chi avrebbe diritto a una casa, e non ce l’ha, spesso finisce per prendersene una- avverte il quotidiano- Nella capitale ci sono 10mila persone che occupano. Senza contratto, né diritti”.

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