Isintomi del Covid-19 assomigliano molto a quelli dell'influenza. In pochi giorni si è passati da un caso di positività da nuovo coronavirus a 152 contagi disseminati fra Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia-Giulia, Emilia-Romagna e Lazio. C'è un elemento che distingue l'nCoV-2019 dalle forme influenzali: la probabile insorgenza di polmonite, la stessa che può essere letale in persone già debilitate con patologie pregresse
Il potere della percezione
C'è da preoccuparsi, dunque? Interris.it lo ha chiesto a Giovanni Maga, direttore dell'Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia.
Professore, quanto c'è da preoccuparsi?
“Per adesso, le zone critiche sono concentrate soprattutto in un'area compresa da Lombardia e Veneto, principalmente. Il contagio è alto, ma bisogna dire che ci sono operatori che vanno casa per casa a fare i tamponi. E poi sono state messe in campo delle misure per limitare il più possibile la diffusione. Il sistema di sorveglianza sanitario è sicuramente aumentato, ma il rischio che chi non è affetto da coronavirus corre è lo stesso di una settimana fa”
Qual è il tasso di letalità in Italia?
“A quanto mi risulta le persone con patologie preesistenti sono i casi più a rischio. Globalmente, al di fuori dell'epicentro di Wuhan, la letalità di questo virus è bassa. La guarigione è la norma: soltanto una piccola percentuale si aggrava. Va, inoltre, rilevato che alcune guariscono anche senza rendersi conto di aver avuto un contagio da coronavirus, con una sintomatologia moderata”.
Perché, allora, il nuovo coronavirus fa tanta paura?
“Beh, quello dipende dalla nostra percezione. Va detto che le conoscenze sono limitate e non c'è vaccino, sebbene la conoscenza che abbiamo cresca di giorno in giorno. Dal punto di vista clinico, siamo però di fronte a un'infezione benigna”.
Quindi perché la paura?
“Perché vale molto immagine che si dà di questo virus. Per fare un raffronto qualitativo, faccio questo esempio: la pandemia d'influenza in Messico nel 2009 portò a milioni di infetti. Non c'erano farmaci nuovi per tale influenza, quindi la situazione era la stessa di ora – sebbene fosse influenza, non coronavirus. Ma, nonostante il mezzo milione di morti, si chiamava influenza, per cui l'impatto nella percezione pubblica non fu tale come quello che stiamo vivendo ora”.
Tornando al contagio, c'è un sintomo-chiave che dovrebbe allertare l'individuo?
“Al suo esordio la sintomatologia consiste in qualche linea di febbre, tosse e infiammazione eurofaringea. Può subentrare la polmonite. Quello che si raccomanda in questo momento, è che persone che ritengano di essere entrate in contatto con contagiati, se hanno sintomi di questo tipo, devono chiamare i numeri a messi a disposizione dall Protezione Civile ed essere presi in carico”.
Zone in isolamento
A Codogno parla il silenzio. “Un silenzio assordante” riferisce Maria Grazia al telefono. La donna, assieme alla sua famiglia, è isolata nel piccolo borgo in provincia di Lodi da due giorni, da quando cioè lo Stato ha disposto, con un'opportuna ordinanza, l'isolamento di dieci centri della provincia a cavallo fra la Lombardia e l'Emilia-Romagna con l'obiettivo di isolare il nuovo coronavirus. Da giovedì sera, con l'insorgenza del primo caso, non si sono fermate le ricerche del paziente zero. Eppure, a fronte di una ricerca per ora a vuoto, gli operatori della Protezione Civile, in sinergia con quelli sanitari, hanno comunque individuato il paziente uno, un uomo di 38 anni di Codogno, attualmente in terapia intensiva presso il Policlinico San Matteo di Pavia: le sue condizioni sono stabilmente gravi.
Silenzio assordante
“Mai come ora dico 'santa tecnologia'!” ripete Maria Grazia. Lei, chiusa volontariamente in casa, comunica con il figlio, la nuora e la piccola nipotina attraverso le videochiamate. Un'app sul cellulare permette un aggiornamento della situazione locale: “Ma ascoltiamo anche Radio Codogno, che dà altre informazioni. Ieri la Messa l'abbiamo ascoltata dalla radio. Bisogna stare attenti senz'altro, la paura di essere stati contagiati c'è. Ma noi ci affidiamo al Signore – sottolinea Maria Grazia -. In questi momenti, obbligati a un domicilio forzato per ragioni sanitarie, abbiamo scoperta la preghiera in famiglia” ripete, facendosi forza per i giorni a venire. La gente, nel borgo lodigiano, preferisce non uscire: “Lo abbiamo fatto ieri per andare a far la spesa, ma io preferisco rimanere chiusa in casa”. Se c'è una cosa che Maria Grazia non si sarebbe mai aspettata era vivere ciò che un mese fa la compativa nel caso della città in quarantena di Wuhan: “Guardavo la tv e mi dicevo: 'Poveretti, non possono uscire!'. E poi, ecco che capita a noi dopo poco tempo. Qui il silenzio è assordante. Gli agenti invitano a non uscire e in pochi lo fanno. Al supermercato, quando si può andare, le file sono lunghissime e scaglionano i cittadini in gruppi di 40” dice. L'attesa per Maria Grazia e i Codognini durerà due settimane: 14 giorni di apprensione ed ansia dalle quali si cerca rimedio attraverso varie attività, in primis la preghiera: ieri in nessuna Chiesa è stata celebrata la Messa” riferisce Maria Grazia, che non esce anche perché non tutti hanno le mascherine “Il guaio è proprio quello, che mancano le mascherine”.
Pavia controcorrente
In Lombardia sono state sospese tutte le Messe. Non a Pavia. Ieri, nella Chiesa del Carmine, in pieno centro storico, in tanti fedeli hanno partecipato alle Celebrazioni, scambiandosi il segno della pace. Una reazione opposta a quella della diocesi di Milano, dove l'arcivescovo mons. Mario Delpini, ha sospeso tutte le celebrazioni liturgiche fino a data da destinarsi, come d'altronde fatto anche a Venezia. “Il Duomo e la Basilica di San Marco sono stati chiusi” specifica Giacomo Bertoni, giornalista operante nel pavese: “Non ci sono indicazioni in merito” aggiunge. E mentre il Comune con un'ordinanza dispone la sospensione di iniziative pubbliche come la sfilata di Carnevale e le scuole restano chiuse, gli oratori della città aprono le porte: “Relativamente alle scuole, bisognerebbe capire cosa si farà a partire da mercoledì, quando cioè finiranno le vacanze di Carnevale” specifica Bertoni. Attualmente, a Pavia sono quattordici i pazienti ricoverati: “Tre sono già in rianimazione, ne sono arrivati due da Melegnano e Crema, infine ci sono i nove già noti – fra cui la coppia di medici di Porto Morone – sottolinea il giornalista -. Dalle 20 di sabato scorso fino alle 8 di ieri mattina, il laboratorio di virologia del San Matteo ha processato 197 campioni” specifica. Da domani il Policlinico sospende i ricoveri. La cittadella medica, icona dell'eccellenza sanitaria nazionale, così grande che all'interno ha un autobus di linea, viene sbarrata gradualmente: “È plausibile che il reparto malattie infettive del Policlinico, concepito come una torre a sé stante dal complesso, non possa sostenere un numero così alto di pazienti” sostiene Bertoni.
Lauree rimandate
Cava Manara è un comune di 6mila abitanti alle porte di Pavia. Da Codogno, probabile città-focolaio d'Italia, dista una cinquantina di chilometri, quel tanto che basta perché la paura del contagio superi di gran lunga la distanza fisica. Qui l'Amministrazione ha adottato delle misure di prevenzione, come previsto dalla stessa Regione: feste di Carnevale sospese e invito a non affollare luoghi di aggregazione: “Qui la vita procede normalmente, cerchiamo di andare avanti con serenità” dichiara Matteo Parussini, giovane consigliere comunale di Cava, che sta seguendo negli ultimi giorni gli sviluppi man mano comunicati dal Pirellone. Parussini è anche uno studente all'Università di Pavia. Fra due giorni avrebbe dovuto festeggiare la sua laurea, invece l'Università degli Studi di Pavia ha deciso di rimandare le sedute di laurea – così come gli esami – a data da destinarsi: “La disposizione ha scosso un po' tutti – dichiara il giovane consigliere – e così sono costretto a rimandare la mia discussione”.