Ho rimesso il mandato a formare il governo di cambiamento” e “ringrazio il Presidente della Repubblica e gli esponenti delle due forze politiche per aver indicato il mio nome”. Lo ha detto il professor Giuseppe Conte al termine del suo colloquio con il Capo dello Stato, quando era già filtrata la notizia della rimissione del suo incarico, durato appena quattro giorni. Il lavoro compiuto, ha proseguito l'ormai ex premier in pectore, è stato fatto “in un clima di piena collaborazione con gli esponenti delle forze politiche che mi hanno designato”. Il nodo su Paolo Savona al Ministero dell'Economia si è costituito come il nodo maggiore da sciogliere e, alla fine, l'ostacolo insormontabile al via del nuovo esecutivo. Il Paese entra così in una profonda crisi istituzionale, probabilmente una delle peggiori della sua storia.
Colloqui infruttuosi
Sembra che il garbato comunicato del Prof. Paolo Savona sulle sue precisazioni in merito all'Europa non siano bastate per convincere il Capo dello Stato ad accettarlo come ministro dell'Economia – Savona aveva precisato oggi con un comunicato: “Voglio un’Europa più forte e più equa” -. Le voci che volevano Conte pronto ad alzare bandiera bianca, facendo di fatto saltare il governo Lega-M5s, sono state infine confermate dallo stesso premier incaricato. Verso le 17,30 erano saliti al Colle in forma riservata prima Matteo Salvini e poi Luigi di Maio. Secondo quanto si è appreso da fonti parlamentari del M5s, Mattarella nel corso dei colloqui di questo pomeriggio con Salvini e Di Maio avrebbe posto il veto sulla scelta di Savona a capo del Mef. Scelta che, secondo quanto riferito da altre fonti parlamentari, di orientamento leghista, Salvini nel corso dell’incontro avrebbe invece confermato. Aperti nuovi scenari dunque, i quali sembrano ormai portare inesorabilmente il Paese verso nuove elezioni.
Salvini: “Restituire la parola agli italiani”
Dura la reazione di Salvini al veto del Capo dello Stato. “Per il governo che ha in mano il futuro dell'Italia decidono gli italiani, se siamo in democrazia – ha esordito il leader leghista da Terni -. Se siamo in un recinto dove possiamo muoverci ma abbiamo la catena perché non si può mettere un ministro che non sta simpatico a Berlino, vuol dire che quello è il ministro giusto e vuol dire che se ci sono ministri che si impegnano ad andare ai tavoli europei a difendere gli interessi italiani parte il governo, se il governo deve partire condizionato dalle minacce dell'Europa il governo con la Lega non parte”. E ancora: “In queste settimane le abbiamo provate tutte. Anche sederci al tavolo con i 5 Stelle con i quali abbiamo fatto campagne elettorali diverse. Berlusconi ha detto prova!', e io ho provato. Se qualcuno si prenderà la responsabilità di non far nascere un governo pronto domani mattina, lo vada a spiegare a 60 milioni di italiani”.
“Eravamo riusciti a mettere nella lista dei ministri, che in questi minuti il presidente incaricato sta consegnando al presidente della Repubblica, un elenco di idee, di nomi e cognomi, di gente che da domani vorrebbe o avrebbe voluto cominciare a lavorare e trasformare in realtà la speranza di milioni di italiani. Però abbiamo un principio che viene prima di tutto, per l'Italia, per i nostri figli e per gli italiani decidono solo gli italiani, non decidono tedeschi… Non siamo un Paese libero – ha rincarato – siamo un Paese a sovranità limitata. Se non siamo liberi di decidere, meglio tornare al voto! Posso rinunciare alle poltrone, ma non rinuncio alla coerenza. Mai servi, mai schiavi!”, ha concluso Salvini, nella città umbra per ‘spingere’ il candidato a sindaco Latini a due settimane dal voto.