La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della riforma Madia sulla Pubblica Amministrazione. La pronuncia di legittimità riguarda le norme relative alla dirigenza, partecipate, servizi pubblici locali e pubblico impiego nella parte in cui prevede che l’attuazione della riforma possa avvenire con il semplice parere della Conferenza Stato-Regioni o Unificata. Secondo la Consulta, diversamente, è invece necessaria la previa intesa.
La Corte ha circoscritto il giudizio alle misure della delega Madia impugnate dalla Regione Veneto, che aveva chiesto il ricorso, lasciando fuori le norme attuative. “Le pronunce di illegittimità costituzionale colpiscono le disposizioni impugnate solo nella parte in cui prevedono che i decreti legislativi siano adottati previo parere e non previa intesa”, si spiega nella sintesi della sentenza. Nello specifico, sono stati respinti i dubbi di legittimità costituzionale relativi alla delega per il Codice dell’amministrazione digitale. L’illegittimità riguarda quindi esclusivamente le deleghe al Governo “in tema di riorganizzazione della dirigenza pubblica”, “per il riordino della disciplina vigente in tema di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”, “di partecipazioni azionarie delle pubbliche amministrazioni e di servizi pubblici locali di interesse economico generale”.
La Consulta ha sottolineato comunque che “le eventuali impugnazioni delle norme attuative dovranno tener conto delle concrete lesioni delle competenze regionali, alla luce delle soluzioni correttive che il Governo, nell’esercizio della sua discrezionalità, riterrà di apprestare in ossequio al principio di leale collaborazione”. “Le sentenze si rispettano”, ha commentato a caldo Marianna Madia. Che però poi ha aggiunto, riferendosi al referendum: “Se votiamo “Sì” non ci sarà più la possibilità che una Regione blocchi l’innovazione di tutto il Paese“.