Stime di crescita riviste al rialzo dal Centro studi di Confindustria: per il 2017, infatti, è stato previsto un incremento del Pil dell’1,5%, mentre per il 2018 le previsioni si attestano sull’1,3% in più. Appena tre mesi fa, i dati indicavano, rispettivamente, +1,3% all’anno in corso e +1,1% al successivo: “Il rialzo – viene riportato nel rapporto – si spiega da un lato con l’andamento marginalmente migliore dell’atteso nel secondo trimestre (+0,4% contro +0,3%); dall’altro, è coerente con il tono elevato degli indicatori qualitativi (specie quelli sugli ordini”. Le stime, a ogni modo, non includono quelli che potrebbero essere gli effetti della legge di Bilancio e, secondo gli analisti di Viale dell’Astronomia, resteranno comunque inferiore al tetto del 4,7% toccato nel 2008.
CsC: “Previsioni prudenti”
Dal CsC, però, filtrano sensazioni positive: “Queste previsioni potrebbero rivelarsi prudenti… A fine 2018 il Pil recupererà il terreno perduto con la seconda recessione (2011-2013)”. Fermo restando, ovviamente, le considerazioni sul solco che ancora esiste rispetto a 10 anni fa. Il rapporto di Confindustria va a inserirsi nel contesto di revisioni a rialzo effettuate dai più importanti istituti di ricerca (l’ultimo Moody’s), a fronte di un Def governativo ancora fermo all’1,1% di crescita stimato ad aprile. Il CsC ha puntato i fari anche sul fronte del lavoro, spiegando che “è stato recuperato un milione di posti di lavoro”. Il lavoro, come spiegato dal capo economista di Confindustria, Luca Paolazzi, “non è la Cenerentola del recupero in atto: c’è una considerevole creazione di posti di lavoro”. Secondo quanto riportato, le stime hanno calcolato un incremento dell’occupazione di 815mila persone dal 2014, +3,7% occupazione, +4,3% ore lavorate. Le persone occupate “a fine 2018 supereranno di 160mila unità”, quanto il 2008.
Occupazione giovanile
Il vero problema, secondo Confindustria, resta l’occupazione giovanile: “L’inadeguato livello – spiegano – sta producendo gravi conseguenze permanenti sulla società e sull’economia dell’Italia, sotto forma di depauperamento de capitale sociale e del capitale umano”. Per gli analisti del CsC, questo fattore risulta “un doppio spreco” per l’Italia, riconducibile a “un abbassamento del potenziale di crescita” e alla «vanificazione, in parte, del potenziale delle riforme strutturali faticosamente realizzate”. Del resto, anche con il recupero di un milione di posti, le persone ancora senza occupazione risultano essere 7,7 milioni.