Decine di telefonate, offerte, proposte, numeri. “Signora così va a pagare di meno”. “Ah non può, quando la posso ricontattare?”. La nostra quotidianità è sempre più turbata dalle chiamate insistenti di call center aziendali che cercano in ogni modo di venderci il loro prodotto. A volte sono professionisti corretti, in altri casi venditori navigati, nella peggiore delle ipotesi truffatori patentati. E' il fenomeno telemarketing, pratica di per sé legale ma le cui modalità spesso tracimano nell'illecito. Ce ne parla Massimiliano Dona, presidente dell'Unione nazionale consumatori.
Con l’avvicinarsi del Natale il tam tam delle offerte commerciali telefoniche diventa più insistente. Vi sono giunte lamentele, segnalazioni o richieste di aiuto?
“I nostri sportelli su questo tema non conoscono stagionalità. L'irritazione e i reclami per le chiamate indesiderate si sviluppa durante tutto l'anno, con dei picchi in occasione delle festività. In cima a un'immaginaria classifica delle segnalazioni c'è l'aggressività delle telefonate. Gli operatori, ci raccontano i consumatori, sono sempre più impertinenti e spesso non si arrendono nemmeno di fronte a un'esplicita manifestazione di disinteresse nei confronti dell'offerta proposta”.
Al punto che molti utenti ormai riattaccano appena vengono contattati…
“E non manca chi tiene il telefono spento, anche se non tutti sono nelle condizioni di farlo. Pensiamo agli anziani, che magari hanno la necessità di essere chiamati dai familiari, o a determinate categorie di consumatori sui generis come negozianti e titolari di centri medici, che non possono essere irreperibili e vengono continuamente interrotti durante la loro attività da queste telefonate. E' veramente una situazione insostenibile”.
A questo si aggiunge il problema dei contratti telefonici, che riguarda soprattutto gli anziani, i quali magari prestano il consenso a cambi di gestore o a una rivisitazione del piano tariffario senza sapere che questo comporterà la conclusione di un vero e proprio contratto. Com’è possibile che una pratica così aggressiva sia stata legalizzata e oggi, dopo tanti disagi, sia ancora in vigore?
“Il problema è reale ma voglio fare prima una premessa: il sistema deve continuare a muoversi verso una semplificazione della burocrazia dei contratti. Ad esempio la stipula di assicurazioni con un semplice clic credo sia il sogno di tutto. Questa semplificazione deve, però, comportare benefici invece di rischi. Perché se dall'altra parte c'è un'azienda scorretta che con quello stesso strumento attiva opzioni a cui non sono interessato o non ho richiesto siamo nell'ambito della truffa. I contratti telefonici nascono con l'intento di fornire un vantaggio ma nel tempo sono emerse pratiche scorrette, come quella di rubare il 'sì' al servizio non al potenziale cliente ma magari alla domestica o alla persona che si trovava in casa in quel momento. E non sono mancati casi in cui il servizio non richiesto sia stato attivato anche a fronte di un 'no'. Però su questo fronte c'è una buona notizia…”
Quale?
“Abbiamo chiesto e ottenuto una modifica della legge che regola la materia. Il sì telefonico non è più valido a tutti gli effetti, lo diventa solo se il consumatore ha prestato il consenso a una modalità semplificata. Negli altri casi siamo tornati alla regola dell'invio della documentazione presso l'abitazione del potenziale cliente o via mail. Il legislatore, in sostanza, si è reso conto che gli operatori scorretti sempre più spesso si approfittavano di una cosa, di per sé, positiva”.
C’è poi un altro problema, cioè il fatto che l’autorizzazione al trattamento per fini commerciali dei propri dati personali sia talvolta posta come obbligatoria per l’accesso ad alcuni servizi online (e non solo) di cui i consumatori hanno bisogno…
“Si tratta di una pratica scorretta molto diffusa, nonostante su di essa si sia già pronunciata l'Autorità garante della Privacy. Va però detto che questo problema deriva anche dalla disattenzione del consumatore medio italiano, che sui propri dati è meno vigile di quanto non lo siano quelli degli altri Paesi europei. E' pur vero che troppe volte il consenso per uso commerciali viene estorto. Abbiamo recentemente svolto un inchiesta sul Black Friday e sul Cyber Monday, scoprendo che uno dei raggiri più diffusi è stato proprio il furto di dati per l'accesso a una determinata offerta scontata. L'unica strada è quella dell'autodifesa, evitando di fare acquisti sui siti web che attuano queste pratiche”.
A oggi quali sono gli strumenti con cui ci si può difendere da queste forme aggressive di telemarketing?
“Ce ne sono alcuni tecnologici, che consentono di bannare il numero delle telefonate commerciali aggressive. Per i servizi a pagamento attivati per errore durante la navigazione sul web esistono sistemi di blocco. Ci sono poi cautele comportamentali. Se non siamo interessati a un servizio è inutile restare al telefono. Ricordiamoci che dall'altra parte della cornetta c'è un venditore professionista che utilizza tecniche seduttive studiate e sperimentate. L'ultima indicazione riguarda i contenuti dell'offerta: la promessa di sconti mirabolanti non sempre può essere mantenuta. Ad esempio nel settore dell'energia una riduzione del costo superiore al 10% è tecnicamente impossibile, perché il costo della bolletta dipende per la maggior parte dalle tasse. Infine, per i contratti a distanza c'è il diritto di recesso, esercitabile entro 14 giorni. Quindi, in caso, di dubbio, è sempre bene inviare una mail ed esercitare il recesso”.
Quali sono le fasce orarie in cui gli operatori non potrebbero chiamare?
“Mai nei giorni festivi e il sabato sino all'ora di pranzo. Durante la settimana lavorativa non potrebbero contattarci dopo le 20. Ma anche queste limitazioni vengono spesso disattese, visto che ci chiamano quando sanno di trovarci”.
Il Parlamento sta discutendo una legge per contrastare il fenomeno. Cosa prevede?
“Il pacchetto comprende diverse misure, a partire da una modifica del registro delle opposizioni. Sarà possibile inserire anche i numeri di cellulari, che ora sono esclusi, ma soprattutto l'iscrizione impedirà in modo più efficace la contattabilità della persona. C'è poi la misura del numero unico. In sostanza l'operatore potrà scegliere fra due prefissi, uno per le offerte commerciali e l'altro per le indagini di mercato, in modo da essere riconoscibile. C'è poi l'obbligo del numero richiamabile. Se cioè il call center decide di non optare per il prefisso unico il numero da cui chiama dovrà poter essere ricontattato. In questo modo l'utente non solo potrà chiedere informazioni ulteriori sull'offerta ma anche recedere laddove gli sia stato attivato un servizio non richiesto. E questo potrà farlo sia da solo, sia rivolgendosi alle associazioni che tutelano i consumatori”.
Quella del numero richiamabile è una soluzione di compromesso…
“Sì, in questo modo verranno ridotti i rischi per i 40 mila lavoratori dei call center. Nel senso che a perdere il posto saranno solo i dipendenti degli operatori scorretti che con il numero richiamabile avranno vita breve. Mi sembra un compromesso accettabile che concilia l'esigenza di tutela dei lavoratori, spesso assunti con contratti indecorosi, e la salvaguardia della privacy”.
Con la legislatura agli sgoccioli c'è però il rischio che la riforma non veda mai la luce…
“Siamo in zona Cesarini e, ovviamente, le lobby dei call center stanno spingendo perché i tempi si allunghino e la legge resti nel cassetto. Se così fosse sarebbe una catastrofe, con l'attuale giungla che resterebbe intatta. Al Parlamento chiediamo di non lasciarla impantanare. Approviamola e poi ci sarà il tempo, eventualmente, per poterla modificare”.