Se fosse nostro contemporaneo, forse anche Marco Polo a questo punto sarebbe diventato anti-europeista. L'Unione europea, infatti, sta frenando l'Italia sull'accordo Roma-Pechino sulla Via della Seta. Battute a parte, la questione continua a suscitare polemiche.
I richiami all'Italia
Nei giorni scorsi l'Italia ha aderito alla Nuova Via della Seta (Bri, la Belt and Road Initiative), primo Paese del G7 a farlo, un maxi-progetto cinese che prevede investimenti da 900milioni di dollari per costruire infrastrutture che colleghino Asia, Africa ed Europa, ma anche infrastrutture digitali con la gestione della frequenza 5G e la relativa cessione. Il 21 marzo prossimo il presidente cinese Xi Jinping sarà in Italia, insieme a una settantina di industriali, per sottoscrivere l'accordo con il primo ministro italiano Giuseppe Conte. Ma l'intesa si è già trasformata in una grana diplomatica per l'Italia, con i richiami da parte di Stati Uniti ed Unione europea. “E' un rischio per i valori comuni dell'Ue nel lungo periodo”, scrive Bruxelles. Messaggio che parle dell'esecutivo italiano pare aver recepito. “Se si tratta di colonizzare l'Italia e le sue imprese da parte di potenze straniere, allora no” all'intesa, afferma il ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Già domenica sia il vicepremier sia il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti avevano espresso le loro perplessità sulla tenuta della difesa degli interessi nazionali, a cominciare da quelli della cibernetica.
La risposta di Tria
“Si sta facendo credo una gran confusione su questo accordo, che non è un accordo, è un Memorandum of understanding”, “si ribadiscono i principi di cooperazione economico e commerciali presenti in tutti i documenti europei, nessuna regola commerciale ed economica viene cambiata”: così il ministro dell'economia Giovanni Tria rispodendo ad alcune domande sulla nuova Via della Seta della Cina. Cambiare le regole commerciali “non sarebbe nelle possibilità italiane visto che è una competenza europea, credo che si stia facendo un po' una tempesta in un bicchier d'acqua”. Sulla questione è intervenuto anche un predecessore di Tria al dicastero dell'Economia, Giulio Tremonti, il quale al Corriere della Sera spiega che gli Stati Uniti sono contrari al Memorandum “perché hanno capito la posta in gioco. A differenza dell'Europa: La Cina non viene in Italia per il nostro mercato domestico, ma per quello europeo. E Genova e Trieste sono molto più vicine al cuore dell'Europa del Pireo, già conquistato da Pechino”.