La Camera dei Deputati si è trasmormata stamattina in qualcosa di simile a un saloon del far west. Ad accendere la miccia dello scontro, dopo il minuto di silenzio per ricordare le vittime della strage di Bologna, l'intervento della deputata Paola Frassinetti (FdI), la quale si è fatta interprete di un sentimento diffuso presso molti storici, giornalisti e gente comune, ossia che la matrice neofascista dell'attentato sia per nulla scontata, nonostante le sentenze passate in giudicato. Secondo l'onorevole, “la verità non s’è ancora affermata. I veri colpevoli non sono stati ancora condannati. Bisognerebbe avere il coraggio di dire che i giudici a Bologna sono sempre stati prigionieri di logiche idelogiche-giudiziarie con lo scopo non di ricercare la verità ma di riuscire, a tutti i costi, ad arrivare alla conclusione che la matrice fosse nera per ragione di Stato”. E ancora ha proseguito la deputata di FdI: “Bisognerebbe avere lo stesso coraggio del presidente Cossiga quando nel 1991 ebbe l'onestà di ammettere che si era sbagliato e che la strage non era addebitabile ad ambienti di estrema destra chiedendo anche scusa”.
I tumulti in Aula
Dai banchi di Pd e Leu le parole sono apparse come un'eresia. Fin da subito molti deputati hanno reagito con urla e strepiti. Ha preso la parola Pier Luigi Bersani, ex segretario del Pd e oggi deputato Leu, il quale ha ricordato che le stragi non riuscirono a privare l'Italia della democrazia. “Attorno a noi c’erano solo bombe – ha concluso tra gli applausi del centrosinistra – ma quegli attentati non riuscirono a portarci dove volevano”. L'intervento di Bersani ha però accentuato lo scontro. Giovanni Donzelli (FdI) ha fatto un accorato discorso rivolto al deputato di Leu. “Se qualcuno pensa che c’è una forza democraticamente eletta che ha causato le stragi deve dirlo, sarebbe come se io accusassi la forza politica di Bersani di aver rapito Moro”, ha attaccato Donzelli, scatenando ulteriori polemiche. Sulla vicenda, intervistato dall'Ansa, ha detto la sua anche Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione dei familiari delle vittime della Strage di Bologna: “La loro fortuna è di essere deputati, perché altrimenti sarebbero denunciati per depistaggio. L'immunità di parlamentari li salva dall'accusa”.
I dubbi sulla matrice neofascista
Il tema della matrice della strage di Bologna tiene banco da trentotto anni, quanti sono passati dall'esplosione alla stazione. Nel corso del tempo si è diffusa l'idea che esista su quell'evento una verità storica diversa da quella processuale, anche da persone di sinistra. Tra queste Rossana Rossanda, cofondatrice de Il Manifesto, che in un'intervista del 2008 al Corriere della Sera affermò: “Ci sono molti conti che non tornano”, disse, chiedendosi quale – a differenza di quella di Piazza Fontana dove “il quadro neofascista è plausibile” – sia la logica politica della strage. Una pista seguita da storici e giuristi è quella palestinese, cui ha accennato anche la Frassinetti nel suo intervento di oggi alla Camera sottolineando che “il nuovo processo iniziato a Bologna in Corte di Assise a marzo è un'altra occasione perduta” perché “invece di approfondire la pista che porta a verificare l'ipotesi dell'esistenza di una ritorsione del terrorismo palestinese…”. Ne parlò un anno fa in un'intervista ad In Terris l'avvocato romano Valerio Cutonilli, che scrisse insieme al giudice Rosario Priore Strage all’Italiana (ed. Trecento) e I segreti di Bologna (ed. Chiarelettere).