Sui contribuenti italiani fedeli al fisco grava una pressione fiscale ‘reale’ che per l’anno in corso si attesta al 49%: 6,4 punti in più rispetto a quella ufficiale. La stima è dell’Ufficio studi della Confederazione Generale Italiana degli Artigiani di Mestre (Cgia), una delle più rappresentative organizzazioni italiane dell’artigianato e della micro e piccola impresa. Gli Artigiani di Mestre sono giunti a questo risultato ricordando che il Pil nazionale include anche l’economia non osservata, ascrivibile alle attività irregolari, che, essendo invisibili al fisco, non versano né tasse né contributi.
“Chi fa impresa e si trova a subire un aggravio fiscale che sfiora il 50% – dice la Cgia – fa fatica a reggersi in piedi. Sebbene il Governo Renzi abbia previsto nella nuova legge di Bilancio una serie di misure che vanno nella direzione auspicata, il peso delle tasse è ancora eccessivo e del tutto ingiustificato rispetto alla qualità e alla quantità dei servizi pubblici erogati”.
Secondo l’Istat, nel 2014 l’economia non osservata ammontava a 211,3 miliardi di euro (pari al 13 per cento del Pil): di questi, quasi 194,5 miliardi erano attribuibili al sommerso economico e gli altri 16,8 alle attività illegali. “Con un peso fiscale simile – conclude il segretario della Cgia Mestre, Renato Mason – sarà difficile trovare lo slancio per ridare fiato all’economia del paese in una fase dove la crescita rimane ancora molto debole e incerta”. La Cgia tiene comunque a precisare che la pressione fiscale ufficiale calcolata dall’Istat (per l’anno in corso prevista al 42,6 per cento) rispetta fedelmente le disposizioni metodologiche previste dall’Eurostat.