I magistrati italiani incaricati di indagare sulla morte di Giulio Regeni e la Procura egiziana s’incontreranno a Roma per parlare del caso. Lo ha annunciato un comunicato congiunto della Procura generale egiziana e di quella di italiana al termine della visita in Egitto dalla squadra di magistrati italiani guidata dal Procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone. Un vertice positivo secondo Ahmed Nagui, Procuratore di Giza, dal quale non sono “emersi elementi negativi”. I due uffici giudiziari, ha assicurato, “hanno lo stesso obiettivo, quello di trovare i responsabili”. La nota ufficiale spiega che nell’incontro le parti “hanno scambiato importanti informazioni” e si sono dette d’accordo per “incrementare la reciproca cooperazione per definire la realtà dei fatti e arrivare a individuare i responsabili” della morte del ricercatore italiano. Il comunicato è firmato da Pignatone e Sadeq.
Il magistrato egiziano, secondo quanto si è appreso, ha inoltre riconosciuto la “rettitudine” della condotta di Regeni durante la sua permanenza in Egitto dopo le equivoche ricostruzioni di stampa nei giorni successivi alla morte di Giulio. La Procura generale egiziana ha quindi avocato a sé la titolarità piena nelle indagini, finora condotte da quelle di Giza.
Insomma, “più cooperazione”, la stessa auspicata alla vigilia dell’incontro dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni: “Si tratta di un’occasione molto importante per dare alla collaborazione sull’omicidio barbaro e tragico del nostro ricercatore un salto di qualità”, aveva detto il titolare della Farnesina, convinto che finora la collaborazione offerta dal Cairo non fosse stata “sufficiente”.
Ma nel giorno della missione egiziana di Pignatone è spuntata una nuova testimonianza: solo 24 ore prima della scomparsa, Regeni, secondo questa versione, avrebbe avuto “un’accesa discussione” con “un altro straniero” dietro la sede del consolato italiano nella capitale egiziana. Il litigio sarebbe poi degenerato in una “scazzottata”. A raccontarlo a una tv locale è stato un ingegnere egiziano, Mohamed Fawzi, che ha affermato di aver assistito alla scena. “Ho visto due stranieri che litigavano e gridavano ad alta voce”, uno “grosso e sportivo” che strattonava l’altro “più piccolo”: “Ho saputo che era Giulio Regeni dopo aver visto le sue foto pubblicate e ho capito che era lui che era stato spintonato dal più grosso”. “Non ho capito in che lingua parlassero perché mi era sconosciuta”, ha aggiunto Fawzi. Il teste ha affermato poi di aver notato “almeno due telecamere moderne sulla porta del consolato italiano che potrebbero aver registrato la lite”.
Questa nuova versione, emersa oltre un mese dopo il ritrovamento del cadavere di Regeni e che resta tutta da verificare, ha scatenato una ridda di ipotesi e voci: il quotidiano al Shorouk, citando fonti anonime della sicurezza, ha sostenuto che il consolato italiano “è in possesso dei video che mostrano la lite” e che la sede diplomatica “ha ordinato a tutti i ricercatori italiani e agli amici di Regeni di lasciare il Paese” dopo l’assassinio, “impedendo” così le indagini su questo fronte. Altre fonti anonime, citate questa volta dalla Associated Press, sono arrivate ad accusare l’Italia di “non aver condiviso” i filmati del litigio.