Una priorità“. Così il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio ha definito il caso di Giulio Regeni, il giovane ricercatore dell'Università di Cambridge, sparito al Cairo il 25 gennaio 2016 e ritrovato morto il 3 febbraio successivo, il corpo abbandonato sul ciglio di una strada e con evidenti segni di torture. Ieri il ministro Di Maio ha incontrato i genitori del giovane, da tre anni in prima linea sulla strada della verità, accompagnati dall'avvocato Alessandra Ballerini: “Per l'Italia è arrivato il momento di cambiare passo e atteggiamento” è stato il suo commento subito dopo averli ricevuti.
Un percorso a ostacoli
Le dichiarazioni di Di Maio rappresentano una nuova tappa della ricerca di giustizia e verità per il giovane italiano, apparsa sin da subito tortuosa. In tre anni la procura di Roma ha chiesto delle risposte all'Egitto e, puntualmente, esse sono arrivate in ritardo. L'ultimo diniego del Cairo risale a sei mesi fa, quando la procura egiziana non ha inviato alcuna risposta alla rogatoria inviata dal sostituto procuratore di Roma, Sergio Colaiocco: la procura italiana aveva chiesto alle autorità dell'Egitto una risposta alle dichiarazioni rilasciate da un testimone su un presunto agente dell'intelligence del Cairo che avrebbe preso parte al sequestro di Giulio. Capire la versione egiziana significherebbe mettere in luce uno dei tasselli di tutta la vicenda, che appare ancora oscura, che finora ha portato la Procura di Roma a iscrivere cinque agenti della National security nel registro degli indagati per sequestro di persona. Dal canto suo, l'Egitto preferisce non procedere con le accuse, perché si tratterebbe di poliziotti e questa procedura non esiste in Egitto.
I prossimi passi
D'altra parte, il governo del presidente Al Sisi sta portando avanti una sua strategia interna sul caso Regeni. Il legale della famiglia Regeni al Cairo, Mohamed Lotfy, ha fatto sapere di essere oggetto di costanti minacce: lo scorso anno, infatti, sua moglie Amal era stata condannata a due anni di carcere con l'accusa di terrorismo e diffusione di notizie false e, per la sua scarcerazione, Paola Deffendi, madre di Giulio, e l'avvocato Ballerini aveva cominciato uno sciopero della fame. Intanto, dopo le nebbie sulle difficili posizioni della scorsa legislatura – con il Presidente della Camera dei deputati, Roberto Fico, che ha chiesto di far luce sul caso, e l'allora ministro dell'Interno, Matteo Salvini, che aveva bollato il caso Regeni come una “questione di famiglia” – oggi il governo Conte II sembra molto più deciso a portare avanti delle linee anche radicali nei confronti dell'Egitto. I genitori di Giulio chiedono di richiamare l'ambasciatore al Cairo, Gianpaolo Cantini, inviato due anni fa in loco con il compito di favorire la collaborazione giudiziaria fra i due Paesi. Si tratta di un'ipotesi tutt'altro che certa. Certo è, tuttavia, che il governo italiano intende porre all'Egitto un ultimatum: se entro la fine di ottobre l'Egitto non fornirà risposte convincenti all'Italia, il governo si comporterà di conseguenza: “Speriamo in un cambio di passo anche nei confronti della controparte egiziana” ha ammonito il ministro Di Maio.