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CASO REGENI, EMMA BONINO: “BASTA DEPISTAGGI, INTERVENGANO UE E USA”

“Basta depistaggi sulla morte di Regeni. Ora intervengano Europa e Usa”. Così l’ex commissaria Ue Bonino, intervistata da Repubblica, esorta il governo italiano “a far diventare un caso internazionale la crisi con l’Egitto”. L’ex ministra degli Esteri – che ha anche vissuto al Cairo per quattro anni dal 2001 al 2005 per imparare l’arabo – esorta a coinvolgere l’Onu a Ginevra, sede dei diritti umani, ma anche Washington per affrontare insieme “non solo il caso Regeni, ma il caso Egitto”.

“Io penso che il governo italiano – spiega al giornalista Vincenzo Nigro – debba far diventare un caso internazionale la crisi con l’Egitto. Sono del parere che non vada abbandonata la via giudiziaria sul caso Regeni, ma ormai è finalmente chiaro che c’è un ‘caso Egitto’ più ampio. L’Europa ha il dovere di occuparsene perché è una questione politica e di sicurezza di primo livello nel nostro Mediterraneo. E ne dobbiamo discutere con gli Stati Uniti”.

Alla domanda su come l’Italia abbia gestito il caso Regeni, la politica ha risposto: “Non ho tutte le informazioni necessarie sulle azioni intraprese dall’attuale governo, ma mi pare che fino ad oggi abbia difeso con fermezza la richiesta di giustizia che con grande dignità la famiglia Regeni ha formulato. Ma fin dall’inizio ho pensato che la vicenda sarebbe stata lunga e assai complicata: il governo deve attrezzarsi per una maratona, e spero che abbia già iniziato a compiere i passi necessari”.

“Sulla via giudiziaria – ha proseguito – oggi molti segnali ci lasciano credere che il regime egiziano non consentirà nessuno spazio concreto a un chiarimento per vie legali. E tuttavia il percorso giudiziario va mantenuto aperto perché la fragilità di questi regimi è imprevedibile: spiragli, aperture possono rivelarsi all’improvviso. Qualcuno potrebbe parlare”.

Relativamente alla politica estera dice: “Sono sicura che il ministro Gentiloni avrà già fatto un primo passo, quello di chiedere ai suoi ambasciatori presso i 27 paesi della Ue di informare i governi alleati nel dettaglio di cosa è successo a Regeni e soprattutto dei depistaggi messi in atto dal regime egiziano. Poi devono essere coinvolte in maniera corretta e adeguatamente preparate le istituzioni comunitarie: come chiediamo con l’European Council on Foreign Relations ai leader europei. Un altro passo importante deve essere fatto nella “capitale” dell’Onu per i diritti umani, che è Ginevra. La terza capitale dopo Bruxelles e Ginevra è Washington: troveremo attenzione e con il nostro principale alleato dovremo affrontare – ripeto – non solo il caso Regeni ma il caso Egitto come richiesto anche dai più autorevoli centri studi americani in una lettera aperta al presidente Obama”.

In merito al fatto che il governo italiano abbia richiamato a Roma l’ambasciatore Massari per la mancata collaborazione giudiziaria egiziana, la radicale ha detto: “Credo che nei momenti di crisi, i diplomatici vadano se possibile raddoppiati, non ritirati. E sono spesso poco efficaci anche sanzioni simboliche, come colpire il turismo che peraltro è già azzerato di suo. Al contrario in Egitto il governo italiano dovrebbe rafforzare la sua ambasciata, inviare funzionari e anche esperti della cooperazione capaci di occuparsi della società civile egiziana e di dare sostegno a chi si occupa di torture, assistenza legale alle famiglie dei desaparecidos. Noi non dobbiamo rompere le relazioni diplomatiche, dobbiamo incalzare Sisi spiegando che la sua repressione insieme al peggioramento della situazione economica rischia di far saltare il paese”.

Arriva oggi al Cairo il presidente francese Hollande per vendere altre armi per un miliardo di dollari al presidente egiziano al Sisi. “La Francia e l’Italia insieme si devono occupare dei diritti umani, in particolare in Egitto – riprende la Bonino – perché sono una parte vitale della nostra politica di sicurezza. Sono sicura che Renzi abbia già sensibilizzato Hollande perché faccia un passo durante questa visita. E immagino che la Farnesina abbia impostato i passi necessari per chiedere la totale solidarietà della Francia e di tutti i partner sul caso sollevato dall’Italia”.

Sul regime di al Sisi, e sulle voci in merito a contrasti all’interno degli apparati, la radicale risponde: “Alcuni analisti ci dicono che il generale Sisi inizia a non controllare più a dovere lo scontro fra apparati. Rimango convinta che i regimi autoritari abbiano una fragilità intrinseca che si può mostrare quasi senza preavviso, a sorpresa”. “Anche per questo – conclude l’intervistata – dobbiamo impegnarci per il caso di Giulio Regeni e per difendere la nostra sicurezza di fronte al possibile fallimento di questo regime”.

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