La stagione della quattro “S” è iniziata. Suolo, serre, sudore e schiavi, in particolare ma non solo, dell'agricoltura. Sono i protagonisiti di una storia che si ripete ogni anno allo stesso modo, identica nelle modalità di brutale sfruttamento, nella percezione esterna che ne ha l'opinione pubblica e nella rappresentazione fornita, spesso soltanto nei mesi di raccolta, dai media. Il caporalato – flagello che colpisce l'Italia intera, senza distinzioni (geografiche) tra la raccolta di pomodori in Sicilia, Calabria e Campania o quella del melone nella provincia di Mantova – mostra in questo periodo dell'anno il suo aspetto più visibile.
Gli ultimi dati sul fenomeno
E' di pochi giorni fa la pubblicazione del report annuale dell'Ispettorato nazionale del lavoro. “Anche nel 2018 – si legge nelle carte – sono state poste in essere azioni di vigilanza specificatamente mirate al contrasto del fenomeno del caporalato e dello sfruttamento della manodopera, specie straniera e priva di regolare permesso di soggiorno, con particolare riferimento al settore agricolo, ove il fenomeno è notoriamente più diffuso”. E ancora: “Sono state effettuate 7.160 ispezioni, con un tasso di irregolarità registrato di circa il 54,79%, superiore di oltre 4 punti percentuali rispetto al 2017”. Sarà opportuno ripeterlo, un incremento del 4%. “Dei 5.114 lavoratori irregolari riscontrati, 3.349 (65,5%) sono risultati in “nero” e, tra questi, 263 cittadini extracomunitari privi di permesso di soggiorno”. Inoltre “299 persone sono state deferite all'Auotrità Giudiziaria, 56 delle quali in stato di arresto, con una casistica concentrata per il 69% nel solo settore dell'agricoltura”. Fattispecie di reato contestata: 603 bis del codice penale, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. In una parola: caporalato.
Parola al segretario generale della Fai Cisl
Per i neofiti della materia occorre precisare che nel 2016 è stata introdotta nel nostro ordianamento una legge che ha disciplinato il fenomeno. Punendo anche con la reclusione da uno a sei anni sia il caporale, sia il datore di lavoro che “gode dei suoi benefici”. “La 199/2016 – ha spiegato ad In Terris Onofrio Rota, segretario generale della Fai Cisl – è stata una legge importante che per questo settore si può paragonare ad un faro, facendo emergere il problema nella sua interezza”. Eppure per arginare questa piaga non basta. “La spinta maggiore occorre farla”, ha aggiunto Rota, “nei territori, perché è fondamentale il lavoro congiunto tra organizzazioni sindacali e prefetture, le cosiddette cabine di regia”. Dunque: “Il fenomeno non possiamo soltanto commentarlo e analizzarlo a livello nazionale. Ripeto, soprattutto, nelle realtà locali bisogna lavorare per aggredirlo”. Infatti: “E' stato positivo l’accordo firmato con Regione Lazio, che ha messo a disposizione dei lavoratori, i voucher per l'utilizzo dei mezzi pubblici. In modo tale che raggiungano serenamente il posto di lavoro, senza essere disturbati dai caporali dei trasporti“.
Le drammatiche storie degli sfruttati
Avvicinarli non è semplice, dato che nella maggior parte dei casi se vedono un estraneo scappano. Scaraventano pale, vanghe e si mettono a correre. Però, se intercettati, raccontano senza freni lo sfruttamento bestiale al quale sono sottoposti. Nella stagione estiva lavorano 14-15 ore al giorno, senza pause. Sotto il sole cocente e in alcuni casi dentro la serra, dove la temperatura raggiunge 60-70 gradi. Caricano e scaricano decine frutti, per esempio “l'anguria che può pesare anche 20 kg”. E la paga? ” Prima – confida un maroccchino con il suo italiano stentato – arrivavi a 8 euro l’ora, invece, adesso ti pagano tra i 4 e i 5 euro. Da tassare”. Già, denaro che spesso viene detratto dalla cooperativa di riferimento. Le cooperative sono un aspetto centrale del caporalato, perché molte sono “false cooperative che, perseguendo solo in apparenza scopi mutualistici, di fatto agiscono in violazione dei diritti dei lavoratori e delle regole della leale concorrenza. Nel 2018, su un totale di 3.311 cooperative ispezionate, ne sono risutlate irregolari 1.986 (circa il 60%)”. Infine ci sono le decine, centinaia di morti – quelle che tutti per qualche minuto vedono, ascoltano, leggono e dimenticano – nella stagione delle quattro “S”.