Una “lacuna” presente nel dl Genova può consentire alla mafia “di infiltrarsi” nel processo di ricostruzione. A lanciare l'allarme è Raffaele Cantone durante l'audizione davanti alle commissioni Ambiente e Trasporti della Camera.
Clan in agguato
Il “bug” è rappresentato dalla “deroga a tutte le norme extrapenali” richiamata dal provvedimento, che comporta anche quella a “al codice antimafia e alla relativa disciplina sulle interdittive”, ha spiegato. “Sono certo che si tratta solo di una disattenzione – ha osservato il presidente dell'Anac – conoscendo la sensibilità di Parlamento e Governo in materia”. E tuttavia “non ritengo di dover sottolineare i rischi insiti in tale omissione – ha aggiunto – soprattutto perché vi sono molte attività connesse alla ricostruzione, dal movimento terra allo smaltimento dei rifiuti, ad esempio, in cui le imprese mafiose detengono purtroppo un indiscutibile know how. La Liguria è terra ovviamente non di mafia ma in cui purtroppo le organizzazioni criminali stanno cercando di infiltrarsi. Una barriera altissima contro questo rischio va dunque necessariamente prevista e sono certo sarà introdotta“.
Dubbi
Non è l'unica perplessità espressa da Catone sul decreto. “Condivido il suo spirito – ha sottolineato – era necessario ed indispensabile utilizzare procedure extra ordinem e nominare un Commissario straordinario“. Ciononostante “proprio nell'obiettivo di garantire al Commissario regole certe in puro spirito di collaborazione istituzionale, ritenendo prioritario l'obiettivo della ricostruzione del Ponte, mi spetta il compito, non piacevole ma doveroso, di sollevare qualche dubbio e perplessità sull'impianto del decreto”. Cantone ha citato, in particolare, “a due norme:il comma 5 ed il comma 7 dell'art. 1; ho alcune perplessità in verità anche sul comma 6. Dal combinato disposto dei due commi emerge chiaro l'intendimento del Governo. Il Commissario 'opera in deroga ad ogni disposizione di legge extrapenale salvo il rispetto dei vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea; affida la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario ai sensi dell'articolo 32 della direttiva 24/2014, con esclusione assoluta di quegli operatori che hanno partecipazioni, dirette o indirette, in società concessionarie di strade a pedaggio, ovvero che siano controllati, o comunque collegati, con queste ultime, e ciò anche al fine di evitare un indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali'. A parte una possibile discrasia fra gli oggetti delle attività ai commi 5 e 7 l'impostazione del provvedimento è chiara: si intende consentire al Commissario di muoversi con assoluta e totale libertà, imponendogli solo i principi inderogabili dell'Unione europea ed ovviamente i principi costituzionali. La deroga, per quanto amplissima, ovviamente non preclude la possibilità, garantita costituzionalmente, di adire la giurisdizione per un qualunque aspetto connesso alle attività da compiersi da parte di chiunque possa averne interesse”.
Il rilievo dell'Antitrust
Cantone si è detto d'accordo “con quanto già evidenziato dall'Antitrust, e cioè che l'esclusione di soggetti diversi dall'attuale concessionario, generalizzate a tutti i concessionari di strade a pedaggio o che abbiano partecipazioni in esse o che siano da esse controllate, appare di dubbia legittimità” in quanto “in contrasto con i principi di proporzionalità, concorrenza e con le indicazioni contenute nella più volte richiamata direttiva 2014/24/Ue, che prevede cause di esclusione tassative”. La stessa precisazione, ha aggiunto il presidente dell'Anac,”contenuta nel comma 7, appare poco comprensibile: evitare un indebito vantaggio. Che cosa significa? Quale sarebbe il vantaggio competitivo di un operatore che ha una partecipazione anche minima in una concessionaria di strade a pedaggio? E quale sarebbe il vantaggio competitivo di altri operatori, diversi dall'attuale concessionario?”.