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Cannabis day, l’irresponsabile istigazione all’uso di droga

Il 20 aprile (4:20 nello slang americano, in riferimento alla data che ha ispirato un gruppo di consumatori in California) è il cosiddetto “Cannabis day“, il giorno dedicato ai sostenitori del “fumo” libero. Una moda “trash” e pericolosa che come spesso accade dagli Stati Uniti si è diffusa in tutto il mondo. L’Italia non fa eccezione e così ecco che i sostenitori della droga legalizzata, a cominciare (tanto per cambiare) dal radicale Cappato hanno organizzato una manifestazione a Milano con tanto di semina proibita davanti al Pirellone e la “benedizione” del sindaco Sala, il quale ha candidamente ammesso di aver fumato spinelli: “Sono stato giovane anch’io”.

Al di là della banalità delle dichiarazioni del primo cittadino lombardo (al quale forse è utile ricordare che tantissimi giovani, probabilmente la maggior parte, fanno scelte diametralmente opposte alle sue e non per questo sono meno giovani, liberi o intelligenti…) la pericolosità dell’iniziativa sta proprio nel tentativo di diffondere la “cultura della cannabis” minimizzandone gli effetti.

La cronaca racconta che il Moige, il Movimento italiano genitori, ha chiesto al Prefetto di intervenire. “Si tratta di iniziative che intendono istigare i cittadini a coltivare droga e rappresentano un inaccettabile e devastante messaggio per i nostri ragazzi che perdono la loro vita per effetto delle sostanze. A tutti i ​promotori​ di droga, che è un veleno, diciamo: Giù le mani dai nostri figli – ha dichiarato Antonio Affinita, direttore generale del Moige – Esistono diverse modalità per esprimere le opinioni, ma il fatto di non rispettare la legge per chiedere un’altra legge è una modalità alquanto bizzarra e contraddittoria​ in un regime legale e democratico​”. In effetti la polizia, intervenuta in piazza Duca d’Aosta, ha identificato Cappato e ha sequestrato i semi di cannabis che venivano distribuiti.

Ancora più duro il commento di Roberto Mineo, presidente del Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi, da quasi 50 anni impegnato concretamente nella lotta a ogni forma di dipendenza: “Cannabis day? Il CeIS è per la vita non per la morte – ha dichiarato – Vorrei vedere o sapere gli effetti della cannabis sulla pelle dei figli, o dei propri cari di quanti si prodigano (facendo tutt’altro nella vita ma non sicuramente esperti in questa materia) ogni giorno a essere i paladini e promotori di questo che io chiamerei  liberalizzazione a scopo ricreativo. Sarebbe come dare in mano ai nostri giovani una pistola carica. Facciamo parlare chi ha voce in capitolo, chi è esperto in materia, chi ha esperienza ultradecennale sugli effetti della cannabis. Gli scrittori facciano gli scrittori, come pure i politici, gli attori, i burocrati e i cantanti facciano il loro mestiere lasciando parlare sul tema della droga soltanto chi sa. Sia chiaro – prosegue Mineo – che coloro che portano avanti istanze pro cannabis nel nome di un libero arbitrio inconsistente con diritto della collettività, coloro che propongono la legalizzazione per contrastare la criminalità organizzata, coloro che propongono la legalizzazione della produzione e del commercio della droga nella speranza di trarne profitto, tutti coloro che con la scusa di giustificare l’ingiustificabile finiscono con l’accettare l’inaccettabile, ebbene tutti costoro diventeranno parte del problema droga e se ne dovranno assumere in toto la responsabilità civile e politica”.

E che di un giro (enorme) di soldi si tratti, lo dimostrano anche le cifre degli affari che si fanno in America nei coffee shop degli Stati in cui la marijuana è stata legalizzata: Matt Karners, della GreenWave Advisors, ha dichiarato a Usa Today che fra Colorado, Oregon e Washington ci si aspettano vendite per non meno di 20 milioni di dollari. Medicine Man, il più grande coffee shop del Colorado, prevede un fatturato doppio rispetto al normale mentre nello Stato di Washington si punta a battere il record dello scorso anno, in cui fu venduta droga per 4,8 milioni di dollari, il 200% dell’anno precedente.

 

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