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Buona Scuola, approvati gli ultimi decreti attuativi: dal 2019 la nuova Maturità

Con l’approvazione degli ultimi 8 decreti attuativi da parte del governo si chiude il percorso della “Buona Scuola“, riforma varata dall’ex ministra dell’Istruzione Stefania Giannini. Di “iniezione di qualità nella nostra scuola” ha parlato il premier Paolo Gentiloni tirando, assieme alla ministra Valeria Fedeli, le somme del lavoro svolto e portato a termine “nei tempi previsti” mantenendo le decisioni prese.

Non tutte le novità decolleranno immediatamente. La nuova maturità ad esempio – 2 scritti invece di 3, 40 crediti invece di 25 al percorso dell’ultimo triennio, attività di alternanza scuola-lavoro e svolgimento della prova Invalsi requisiti di ammissione all’esame – debutterà nel 2019. Il prossimo giugno i ragazzi dell’ultimo anno delle Superiori sosterranno l’esame di fine ciclo con le modalità di sempre. Anche le nuove regole per diventare insegnanti avranno bisogno di un po’ di tempo per andare a regime.

Ma, come ha spiegato Fedeli, “il punto di equilibrio trovato consente intanto di sapere che c’è una data per il cambiamento e poi di riconoscere l’esistente”. Che non può sparire con un colpo di bacchetta magica. E dunque è prevista una fase transitoria per chi oggi già insegna. Poi si volterà pagina: concorsi banditi ogni 2 anni (il primo nel 2018), chi li passa entrerà in un percorso triennale di formazione, inserimento e tirocinio (Fit) con una retribuzione crescente. Alla fine del triennio se la valutazione è positiva arriverà l’agognata cattedra.

Non tutti però sono d’accordo sul fatto che l’obiettivo di riforma dell’istruzione sia stato pienamente centrato. La Cgil ritiene che “i passi avanti fatti, a partire dal piano di superamento del precariato” non bastino “per superare i limiti strutturali del sistema formativo italiano”. La Gilda è convinta che le risorse stanziate siano “del tutto insufficienti per realizzare gli interventi promessi” e annuncia che non mollerà la battaglia contro la legge 107. Preoccupati gli studenti per il nuovo sistema di accesso all’insegnamento. “Per assorbire nel nuovo sistema tutte le figure che avevano intrapreso i vecchi percorsi di inserimento nella docenza si rischia infatti – spiega l’Udu – di escludere per lungo tempo i neolaureati dalla possibilità di accedere in ruolo”. Insoddisfazione anche per i finanziamenti per il diritto allo studio.

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