Una ferita che si riapre. A Natale, per un permesso premio, è uscito dal carcere Alberto Savi, killer della Uno Bianca. E' trascorso un quarto di secolo dalla scia di sangue che terrorizzò l’Italia centrale. A 25 anni dagli arresti dei componenti della banda della Uno Bianca, oggi Bologna ha ricordato le vittime del gruppo criminale guidato dai fratelli Savi protagonista di 24 omicidi e 102 ferimenti fra Emilia-Romagna e Marche. “Le persone che hanno sofferto, che hanno passato dei Natali così difficili per questi delinquenti, non potranno mai dimenticare”, ha detto oggi all'Ansa il sindaco di Bologna Virginio Merola al termine della commemorazione dell'eccidio del Pilastro nel quale, il 4 gennaio 1991, persero la vita, per mano della banda dei fratelli Savi, i tre carabinieri Mauro Mitilini, Andrea Moneta e Otello Stefanini. Alla vigilia della giornata dedicata alla memoria dei fatti di 29 anni fa è arrivata la notizia del permesso concesso ad Alberto Savi di trascorrere, per Natale, qualche giorno fuori dal carcere. “La giustizia in Italia è dovuta al nostro sistema democratico che sicuramente i criminali della Uno Bianca hanno disprezzato, ma di cui oggi godono anche i vantaggi – ha aggiunto il primo cittadino- Le leggi non si possono fare “ad personam”, ma sicuramente essere qui ogni anno, come comunità, dimostra che siamo sulla strada giusta. Questa è giustizia”.
Proteste sui social
Monta la rabbia sui social, dopo il permesso premio ad Alberto Savi, il più giovane dei tre fratelli della banda della Uno Bianca, evidenzia Adnkronos. Tra i tanti commenti di disapprovazione dei familiari delle vittime un post ad hoc, apparso oggi sulla pagina Facebook Noi Radiomobile, ricorda i tre carabinieri, “poco più che ventenni, che 29 anni fa caddero vittime della ferocia degli assassini della Uno bianca, mentre svolgevano il loro lavoro a tutela e a difesa delle sicurezza e della legalità''. Il loro sacrificio, si legge nel post, “non può e non deve essere dimenticato, perché è anche attraverso la memoria che rendiamo loro onore”. Seguono sotto al post numerosi commenti in cui alcuni carabinieri esprimono il loro dissenso per il permesso premio all'ex poliziotto, arrivato proprio alla vigilia dell'anniversario dell'omicidio dei tre carabinieri, che avvenne la sera del 4 gennaio del 1991. “Pure la licenza premio adesso lo dicessero ai loro familiari. Carcere a vita dovevano avere”, si legge in un commento. “Dite alla Cucchi di premiare Savi”, scrive un altro internauta. E ancora: “Ho letto che l'assassino della uno bianca è in licenza premio. Mi dispiace infinitamente per il dolore in più che avranno i loro famigliari, leggendo la notizia”. “Ricordo benissimo il tragico fatto – commenta un carabiniere – a poco arrivò la lettera per la partenza per Fossano per entrare nell’Arma, non vi dico la preoccupare dei miei genitori! Eravamo tutti sconvolti, e questi ora stanno uscendo!”. “Riposate in pace, cari colleghi“, scrive un altro militare. “Come si fa ad appartenere alle forze dell’ordine e uccidere così a sangue freddo”, si legge in un altro commento. “Ricordo bene la strage del pilastro – scrive un altro utente – mi è rimasto impresso il volto della mamma di Otello uno dei ragazzi, è stata in alcune trasmissioni televisive. Quanto dolore“.
Reazioni
“Della singola vicenda non parlo. In generale da tempo penso che si debba trovare il modo di rivedere l'intera normativa relativa all'esecuzione della pena. La detenzione non può essere solo rieducazione, ma deve ricomprendere anche, soprattutto per reati gravissimi, una cospicua parte di espiazione retributiva, dichiara all'Ansa il sostituto procuratore generale Valter Giovannini a margine della commemorazione dell'eccidio del Pilastro a Bologna, durante il quale il 4 gennaio 1991 la banda della Uno Bianca uccise tre Carabinieri, ha commentato la notizia del permesso concesso ad Alberto Savi che, per Natale, ha trascorso qualche giorno fuori dal carcere. Giovannini, che coordinò le indagini e condusse i processi in aula sui delitti bolognesi commessi dai fratelli Savi, ha aggiunto: “Di ciò sono sinceramente convinto anche se recentemente la Corte europea per i diritti dell'uomo occupandosi del cosiddetto ergastolo ostativo, per i reati di mafia, si è pronunciata in senso diametralmente opposto”.
Pilastro
“Ci batteremo affinché venga fatta piena luce sulle tante ombre che aleggiano su questa vicenda e continueremo ad opporci ai vergognosi sconti di pena per coloro che si sono macchiati di crimini così efferati“, chiedono con una lettera, i familiari dei tre carabinieri uccisi il 4 gennaio 1991 al Pilastro a Bologna dalla Banda della Uno Bianca chiedono la riapertura delle indagini sui terribili fatti di 29 anni fa. Anniversario reso ancora più amaro dal permesso premio con cesso a Natale ad Alberto Savi, uno dei tre fratelli killer della banza, che sta scontando l'ergastolo nel carcere di Padova. “Noi familiari sianmo determinati nel ricercare la verità anche se lontana e difficile da ragiungere e auspichiamo una riapertura delle indagini” . Secondo i familiari, “un contributo in questa direzione potrebbe arrivare anche dalla preannunciata informatizzazione e pubbblicazione degli atti processuali, così come avvenuto per altre vicende giudiziarie”. Sui permessi premio, la presidente dell'associazione dei familiari delle vittime, Rosanna Zecchi, aveva rivolto un particolare appello in un incontro lo scorso maggio al ministro della giustizia Alfonso Bonafede.
Commemorazione
“Ho chiesto a lui di starci attento – racconta all'Agi Rosanna Zecchi- e mi ha risposto: “Signora stia tranquilla, senz'altro lo farò”. A quanto pare la giustizia è questa: loro lavorano in carcere e hanno diritto a dei permessi premio, a me è stati detto così”. Al termine della commemorazione, ha dichiarato Anna Maria Stefanini, madre di Otello, uno dei tre carabinieri che il 4 gennaio 1991 vennero uccisi dalla banda della Uno Bianca. “Speriamo di sapere la verità vera sulla Uno Bianca perché, fino adesso, penso che non l'abbiamo saputa. La sanno solo quelli che sono in cielo e i Savi, ma io penso che morirò senza saperla. Mi auguro almeno di sapere quello che è successo, perché è stato fatto, uccidere ragazzi che in tre avevano 64 anni è una cosa a cui ancora, adesso, non posso pensare”. E ha aggiunto: “Sono passati 29 anni ma è come se non fosse passato niente. Il mio dolore è sempre quello, anzi più anni passano più è peggio”. “Sentendo tutte queste cose… – ha aggiunto Stefanini – A quello gli danno i permessi, gli altri li hanno rimessi tutti insieme. Mi piace che li hanno messi insieme, così quando escono la banda è riformata. Però sono talmente stanca di aver parlato tanto in questi anni, ma non si è concluso niente. È una cosa indecente che chi ha ucciso 24 persone e ne ha ferite 103 debba uscire con i permessi. Per me non dovrebbe esistere – ha concluso – anche se io sono cristiana e credente. Chi sbaglia deve pagare, specie perché anche loro indossavano una divisa. A me hanno tolto la vita, la cosa più preziosa che una mamma possa avere: un figlio. Non è una cosa che può passare mai”.