Il Pd non è più la sua creatura. PIerluigi Bersani lo ha detto a La Stampa, a Repubblica e al Corriere della Sera, il giorno dopo la fiducia sull’Italicum, un passo che rischia di essere lo strappo decisivo all’interno del partito. “C’è una grande tristezza – ha spiegato l’ex segretario – questa è un’altra cosa, non è più la ditta che avevo contribuito a costruire”. L’ex ministro contesta la svolta decisionista impressa dall’attuale segretario: “Qui non stiamo parlando di Bersani contro Renzi – spiega al quotidiano torinese -, e neanche il governo c’entra niente. Qui è in gioco una cosuccia chiamata democrazia”.
Non è la prima volta che esponenti della minoranza accusano Renzi di imporre la dittatura della sua corrente all’interno del partito. E il modo in cui il premier sta gestendo l’affaire Italicum ne sarebbe l’ennesima dimostrazione. “Non c’era ragione di chiedere la fiducia – ha sottolineato Bersani – non su una questione così importante per la democrazia”. Alla domanda se si sia trattato di un gesto di prepotenza da parte di Renzi, Bersani risponde che “lui è di natura così, e non è una bella natura. Era nelle cose”.
Sul suo voto alla fiducia al Corsera ha detto che “davanti a scelte di questa portata, ognuno deve assumersi le sue responsabilità. Vedremo cosa fare assieme e poi vedrò cosa fare io”. Secondo Bersani con questa legge elettorale “la demagogia va in carrozza. Ma lei se lo immagina cosa diventeranno le prossime elezioni? Sarà il festival della demagogia”. Aria di divorzio? “Ma dove posso andare – ha risposto l’ex leader del Pd -Sa come diceva Dante Alighieri? Se io vo, chi rimane? Se io rimango, chi va?”.