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BERLUSCONI VOLA IN CRIMEA PER INCONTRARE L’AMICO PUTIN

Promessa mantenuta. Silvio Berlusconi ha onorato la parola data all’amico Vladimir Putin ed è volato in Crimea dove ha incontrato il presidente russo. Una regione che Mosca considera con orgoglio “riunita” dopo il referendum del marzo 2014, mentre secondo l’Ue appartiene ancora all’Ucraina. Dopo i saluti i due leader politici si sono recati presso il monumento dedicato alla memoria dei soldati del Regno di Sardegna caduti durante la guerra di Crimea. Il sacrario principale, di forma piramidale, era stato severamente danneggiato dai bombardamenti da parte delle truppe tedesche.Ha un forte valore simbolico per la presenza italiana nella penisola: l’ossario fu eretto nell’agosto 1882 sul monte Hasford, in località Kamari, dove durante gli eventi bellici era stato installato l’Osservatorio Piemontese. Era situato di fronte al mar Nero, e significativamente posto presso alcune fortificazioni erette ai tempi dalla Repubblica di Genova.

Nella regione, in particolare nella cittadina di Kerch c’è una forte comunità italiana che ha subito le deportazioni staliniane e ora chiede il riconoscimento di una cittadinanza perduta. “Già prima dell’Unità d’Italia, qui vivevano tanti italiani: navigatori, artigiani, commercianti che portavano il grano dalla Crimea all’Italia. C’erano insegnanti, musicisti, marinai”, ha raccontato ad askanews Giulia Giacchetti Boico, la presidente di Cerkio, associazione degli italiani di Crimea. “Nel 1831 – ha proseguito – cominciarono a costruire una chiesa cattolica, proprio con i loro soldi e quelli dei marinai italiani che venivano nel porto di Kerch. Tra questi c’era addirittura Giuseppe Garibaldi, il cui zio faceva il console a Kerch. La chiesa fu finita nel 1840, ed è una delle più antiche chiese cattoliche del sud della Russia”. Poi, in una seconda ondata, arrivarono i pugliesi – da Trani, Molfetta soprattutto – e trovarono lì una comunità già affermata. Gli italiani di Crimea erano intraprendenti. Acquistarono proprietà, commerciarono, prosperarono. Ma, poi, con l’avvento al potere dei bolscevichi, con le collettivizzazioni, persero e furono messi a lavorare in una comune agricola, un kolkhoz. Dagli anni ’30 cominciarono le persecuzioni. Le purghe staliniane furono dure con gli italiani. “Tanti nostri connazionali furono accusati ingiustamente di essere spie e tanti furono arrestati, fucilati, imprigionati, molti morirono in carcere”, ha spiegato Giacchetti Boico

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