Dopo la Brexit c'è l'Italia: non usa mezze misure il Fondo monetario internazionale che, nello stilare le situazioni più a rischio per l'economia globale, indica l'instabilità finanziaria italiana come uno dei principali fattori di rischio. Un'etichetta poco lusinghiera per il nostro Paese, attaccata nella versione aggiornata del World economic outlook e illustrata dal direttore della Ricerca del Fmi, Gita Gopinath, nel corso del forum economico di Davos, in Svizzera: “In Europa continua la suspence su Brexit, e il costoso intreccio fra rischi sovrani e rischi finanziari in Italia rimane una minaccia”. Un allarme che arriva dopo quello lanciato da Bankitalia e che posiziona l'Italia ai primi posti del dossier del Fondo monetario: “Gli spread italiani sono scesi dal picco di ottobre-novembre ma restano alti. Un periodo prolungato di rendimenti elevati metterebbe sotto ulteriore pressione le banche italiane, peserebbe sull'attività economica e peggiorerebbe la dinamica del debito”.
Italia e Germania
In termini di percentuali, il Fmi taglia di 0,4 punti percentuali le stime sulla crescita del nostro Pil nel 2019, passando da +1% a +0,6%: numeri del tutto simili a quelli diramati dalla Banca d'Italia, pur non toccando la previsione del +0,9% per il 2020. Ma, strettamente correlata a quella italiana, è anche la situazione della Germania, il cui rallentamento è indicato tra i principali fattori di rischio: -0,6 punti percentuali in meno rispetto a ottobre, a un +1,3% nel 2019. Per Berlino si tratta soprattutto dei nuovi standard sulle emissioni, mentre per l'Italia si parla di “timori riguardanti i rischi sovrani e finanziari” che “hanno impattato sulla domanda interna”.
Gli altri rischi
Ma non solo Italia. L'analisi del Fmi tiene conto dell'ipotesi di una Brexit senza accordo, variabile che, in qualche modo, metterebbe a rischio gli equilibri monetari globali. Rischi dovuti, secondo il dossier, da un'uscita dall'Ue che assumerebbe le caratteristiche di un addio “dirompente, con contagio all'estero, e un aumentato euroscetticismo intorno al voto europeo di maggio”. Qualche incertezza arriva anche dal contenzioso Usa-Cina sui dazi commerciali, nonostante Pechino resti pressoché stabile: crescita confermata al 6,2%.