L’Italia non è più un Paese per giovani: l’invecchiamento della popolazione è sempre più rapido e avviene con sempre maggiori disparità. E’ quanto afferma l’Ocse in nel nuovo rapporto “Preventing agig inequally“, dal quale emerge un quadro non proprio felice del Bel Paese, che ad oggi è già uno dei Paesi più vecchi del mondo e lo diventerà ancor di più.
Un Paese di vecchi
Nel 2017, l’Italia conta 38 over 65 ogni 100 persone tra i 20 e i 64 anni, contro le 23 del 1980. Ma nel 2050 saranno 74 ogni 100. Un dato che farà della Penisola il terzo Paese più vecchio dell’Ocse dopo il Giappone (78 ultra-65enni su 100) e la Spagna (76). Ma l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico fa notare che per invertire questo trend è importante promuovere la partecipazione dei lavoratori più anziani. Ad oggi già si assiste già a un miglioramento in questo senso, tuttavia non è ben chiaro se questa tendenza continuerà considerando il dissestato cammino occupazionale dei giovani.
Giovani senza lavoro
Negli ultimi 30 anni, i giovani italiani hanno perso, in patria, sempre più terreno (in termini economici) rispetto alle generazioni più anziane; non mancano poi le difficoltà ad entrare nel mercato del lavoro e alla fine si ritrovano con lavori atipici. Ciò si evince dal tasso di occupazione, che per i 55-64enni è aumentato di molto tra il 2000 e il 2016 (+23 punti) rispetto ai lavoratori tra i 25 e i 54 anni (+1 punto); completa marcia indietro per i giovani, la cui occupazione è scesa di -11 punti. Non solo: secondo i dati Ocse, dalla metà degli Anni ’80, il reddito della popolazione tra 60 e 64 anni è cresciuto del 25% in più rispetto a quello della fascia d’età 30-34anni, mentre la media degli altri Paesi dell’Ocse è di un aumento limitato al 13%.
Sempre più poveri
Inoltre, per i giovani schizza alle stelle il tasso di povertà, mentre è diminuito per gli anziani. Secondo il rapporto, tra la metà degli anni 80 e il 2014, in Italia il tasso di povertà è aumentato di 3,2 punti in media (contro 2,6 Ocse), ma il dato riflette un aumento di circa 7 punti per i giovani fino a 25 anni e un calo di 1 punto per i 61-65enni e di -9,5 punti per i 66-75 anni (la media Ocse è di -2,5). Una situazione che fotografa le difficoltà dei più giovani ad accedere al lavoro soprattutto dalla crisi in poi, mentre le fasce d’età più anziane si sono trovate relativamente riparate, sia in termini di carriera lavorativa che di benefici pensionistici maturati. Nel 2012, il tasso di povertà dei giovani era del 16% e del 9% circa per gli anziani. Considerando che le varie riforme previdenziali hanno reso più stretta la relazione tra i guadagni nel corso della vita lavorativa e l’assegno pensionistico, le disparità salariali si traducono in disparità nelle pensioni e anche in questo caso l’effetto è più pronunciato in Italia che altrove: in media nell’Ocse la disparità salariale si ‘travasa’ per due terzi nella pensione, ma in Italia il trasferimento è quasi totale, essendo pari al 95%, uno dei più elevati dell’intera Ocse. Le disparità di reddito tra i giovani nati negli anni '80 e i loro genitori sono già più alte rispetto a quelle sperimentate dai loro genitori e nonni quando avevano la loro età e poiché le disparità tendono ad aumentare nel corso della vita lavorativa, una maggiore disuguaglianza per i giovani oggi si tradurrà quindi in una maggiore disuguaglianza tra i futuri pensionati.
De Paolo: “Ripartire dalla famiglia”
“Anche l’Ocse ha ribadito un’evidenza che con il Forum stiamo ripetendo da tanto, troppo tempo: serve una riforma fiscale seria”. Così Gigi De Palo, presidente del Forum delle associazioni familiari, commenta il report dell’Ocse secondo cui i giovani italiani sono tra più poveri, hanno più difficoltà a trovare lavoro e sono meno istruiti degli altri. “La fotografia che ci arriva oggi disegna un futuro veramente triste – aggiunge De Palo -: se non facciamo figli oggi non avremo giovani e adulti domani, se l’Italia non riparte dalla famiglia, non avrà domani. Anche il mondo ci invita ad una fiscalità che tenga conto della composizione familiare. Siamo già in ritardo. Chiediamo che tutti i partiti si mettano intorno ad un tavolo e decidano di firmare un patto comune sul tema della natalità e della fiscalità“.