Nessuna amnistia, nonostante l’appello del Papa in vista del Giubileo. Secondo il ministro Angelino Alfano il carcere non deve essere un luogo di “violenta detenzione ma di rieducazione” e tuttavia “chi sbaglia ed è condannato in via definitiva” deve rimanere in prigione “sino all’ultimo giorno”. E se gli istituti penitenziari non bastano, ha aggiunto il responsabile del Viminale, “ne costruiamo di nuovi”. Insomma, nessuna apertura alle richieste provenienti dal Vaticano, anche perché “il Santo Padre fa il pastore di anime. Io che faccio il ministro dell’Interno non posso che ricordare che dietro ogni condannato c’è una vittima, un uomo che piange un familiare ucciso, una donna violentata, a cui lo Stato deve rispetto”.
Per Alfano piuttosto serve “l’investimento per il lavoro nelle carceri” perché “nel cuore dell’uomo c’è sempre un desiderio di bene e lo Stato deve dargli una occasione e aiutarlo a costruire un’altra strada: se impara un nuovo mestiere lo farà, se no seguirà la strada nota del crimine”. Considerando che la recidiva, dal 90 per cento fra i detenuti che non fanno un percorso lavorativo, si abbassa al 10 per cento fra chi lo fa, “investire in questo significa investire nella sicurezza del paese e coniuga umanita’ e sicurezza”.
Il grande tema di questi giorni, a livello internazionale, è però quello dell’immigrazione. Secondo Alfano “non siamo in presenza di un’invasione”. La fortuna è che Bruxelles si “è accorta finalmente della realtà, dopo aver sbattuto la porta in faccia contro il problema dell’equa distribuzione perché il nostro governo ha scosso l’Europa”. Rispedite al mittente le polemiche della Lega. “Zaia dice che in Veneto hanno mezzo milione di migranti. E grazie: sono regolari – ha osservato il ministro – lavorano da decenni nelle aziende e hanno contribuito al giusto arricchimento degli imprenditori veneti, hanno incrementato il pil veneto e li caricate su di me e su Mare Nostrum? E poi le sanatorie le hanno fatte loro mica noi”.