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Alfano raccoglie i cocci di Ncd. Partito spaccato

Nelle ore che seguono l’elezione al Quirinale di Sergio Mattarella si consuma la crisi di Ncd. La decisione di Angelino Alfano di sostenere la candidatura dell’uomo scelto da Renzi per il Colle ha generato una scia di mal di pancia e dimissioni dal partito. I centristi sinora si erano beati nel non dover scegliere tra il premier e Berlusconi. E non caso sono stati i più fervidi sostenitori del patto del Nazareno. Ma alla resa dei conti, quando una cortina di gelo si è alzata tra i due leader, Ncd si è trovata dilaniata tra chi pensava fosse meglio seguire Fi sulla strada della scheda bianca e chi voleva seguire le indicazioni del capo del governo.

“E’ una sorta di nuovo 2 ottobre, con la stessa scelta tra stare con Berlusconi e aprire una crisi o restare al governo” è stata la riflessione in Transatlantico uno dei parlamentari pro-Mattarella mentre l’Aula registrava il trionfo della strategia renziana. E il medesimo concetto ha attraversato anche la fronda che, dalla settimana prossima, chiederà ad Alfano un cambio di strategia. Anzi, chiederà che o il titolare del Viminale o Maurizio Lupi lascino il ministero per prendere in mano le redini del partito e di un elettorato che, così, rischia di finire dritto nelle braccia di Matteo Salvini. Ma agli incontri dei prossimi giorni, Ncd arriva già ferita, con il capogruppo al Senato, Maurizio Sacconi, che si è dimesso prima che iniziasse la quarta votazione, seguito a ruota dalla portavoce di Barbara Saltamartini (data in uscita, direzione Lega o Fdi) e dal tesoriere del gruppo alla Camera, Maurizio Bernardo, che ha rinunciato al suo ruolo.

Resterà, almeno per ora, l’altro capogruppo Nunzia De Girolamo, tra i più critici, comunque, della virata filo-governativa. “Il metodo è sbagliato, l’appello di ieri non è bastato ma abbiamo privilegiato la persona giusta” è stata la via d’uscita che ha provato ad imboccare Alfano assicurando che Renzi “non ha minacciato e ha capito che l’esecutivo non è un monocolore Pd”. Ma la fiducia nel premier è ormai ai minimi termini: in Ncd la richiesta di una verifica di governo si fa pressante e, soprattutto al Senato, più di uno non esclude che, sulle riforme, Renzi con i numeri avrà qualche problema in più.

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