Con il trasferimento degli ultimi migranti si chiude ufficialmente l'attività del Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Castelnuovo di Porto (Roma), il sesto più grande d'Italia dopo quello di Mineo (Catania), Crotone, Foggia, Bari e Cona (Venezia). Una vicenda che ha generato polemiche, per lo scarso preavviso (48 ore) con cui il Viminale ha comunicato la sua decisione e per le prospettive degli oltre 500 migranti ospitati. “Sono modalità inaccettabili dopo 5 anni di sacrifici e di lavoro svolto con professionalità e passione da 120 operatori” spiega a In Terris Angelo Chiorazzo, fondatore di Auxilium, cooperativa sociale che dal 2014 gestisce la struttura.
Solo 48 ore per fare le valigie. Come se lo spiega?
“Non me lo spiego. E' incomprensibile, un'anomalia che non si era mai verificata prima. Il ministro Salvini, pubblicamente, ha detto che poiché si trattava di un centro con oltre mille posti letto che ospitava 535 persone era preferibile procedere al trasferimento per risparmiare. Penso, però, sia stato indotto in errore dai suoi collaboratori…”
In che senso?
“…nel nostro centro ogni persona costava 21 euro e 90, mentre nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas), dove saranno trasferiti i migranti, il prezzo salirà a 35 euro l'uno”.
I migranti sono stati trasferiti in fretta e furia. Lei ha parlato di una “pagina nera per il Paese”. Perché?
“Perché stanno spostando delle persone inserite in un percorso scolastico, di formazione o in un piano per lo svolgimento dei lavori socialmente utili. Ci si lamenta tanto del fatto che i migranti in Italia se ne stanno con le mani in mano e poi si chiude un centro nel quale oltre 400 persone svolgevano questo tipo di attività. Senza dimenticare che tutti erano iscritti a scuole pubbliche e moltissimi frequentavano corsi professionali e di italiano organizzati dalla Comunità di Sant'Egidio”.
L'interruzione improvvisa di un percorso di integrazione che conseguenze comporta?
“E' uno choc ulteriore per persone che hanno già sofferto molto. Sono partiti dalle loro terre, hanno attraversato il deserto – che è un cimitero al pari del Mediterraneo – per poi arrivare in Libia. Qui sono stati rinchiusi in veri e propri lager, dove ogni giorno hanno vissuto con la paura di morire. In quei luoghi, non dimentichiamolo, si viene torturati, spesso violentati”.
Per loro, ora, quale futuro si profila?
“Saranno destinati in altre strutture in giro per l'Italia. Ciò comporterà un grave problema di ordine burocratico: chi ha già pratiche amministrative avviate con la questura e il tribunale di Roma, una volta spostato in un'altra regione, rischia di dover ricominciare da capo. I tempi si allungheranno e per lo Stato spenderà più soldi”.
Tra i vostri accolti c'erano situazioni critiche che meritavano un'attenzione particolare?
“C'erano ragazzi vittime di tratta, altri con problemi psichiatrici, altri ancora che portano nella mente e sul corpo i segni dell'inferno vissuto in Libia”.
Un noto quotidiano di sinistra ha realizzato un'inchiesta sulla vostra struttura, paventando possibili irregolarità. Cosa risponde?
“Quando si parla di centri di accoglienza si tende a generalizzare, a fare di tutta l'erba un fascio. Il Cara di Castelnuovo era considerato un modello per i servizi offerti ai migranti. Con noi c'erano 120 operatori, tra medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, avvocati, insegnanti, addetti alle pulizie e alla ristorazione. Siamo stati visitati da delegazioni straniere e ricevuto riconoscimenti, ad esempio dal ministro dell'Interno del Canada. Ecco, l'esponente di un Paese che può dare lezioni al mondo in termini di accoglienza, ci ha detto di essere venuto a imparare”.
Va anche detto che quello dell'immigrazione è un tema entrato prepotentemente nel dibattito politico negli ultimi anni…
“Sì, e non sarebbe mai dovuto succedere. E' un tema che porta dietro di sé tanta demagogia. E badi bene, dico: da un lato e dall'altro, da chi i migranti non li vuole e da quanti li accoglierebbe senza alcuna regola. Sono entrambe posizioni sbagliate. Mi lasci, però, aggiungere una cosa…”
Dica…
“E' giusto che ci siano leggi e organi deputati a farle rispettare, ma pensare di arginare le migrazioni adottando regole rigide è pura utopia. Chi scappa dalla fame e dalla guerra non si ferma, per cui il fenomeno va governato con serietà e lungimiranza. Non dimentichiamo che noi stessi siamo stati un popolo di emgrianti, facendo la fortuna dei Paesi dove siamo andati”.
Ha parlato di operatori che rischiano di restare senza lavoro. Avete pensato a come reimpiegarli?
“Non c'è stato tempo vista la velocità con cui è avvenuto il tutto. Tuttavia i sindacati si sono subito attivati ed è stato convocato un tavolo al ministero del Lavoro, con l'azienda e i rappresentanti del lavoratori”.
Nella storia del Cara di Castelnuovo è entrata di diritto la visita di Papa Francesco del 2016 in occasione del Giovedì Santo. Avete mantenuto un filo diretto col Vaticano?
“Da quel Giovedì Santo il rapporto col Santo Padre non si è mai interrotto. E' stato presente più volte, in diversi modi, ad esempio inviando gelati o doni. I nostri ragazzi, assieme ad altri poveri, sono stati invitati a partecipare a eventi, ad assistere a spettacoli, anche a teatro. C'è stata un'attenzione particolare da parte della Santa Sede…”
…anche negli ultimi giorni?
“Sì, anche in questi giorni così complicati”.