“Perché mai quando facciamo benzina o gasolio dobbiamo continuare ancora a pagare” le accise per la ricostruzione a seguito della guerra in Abissinia del 1935, della crisi di Suez del 1956, del disastro del Vajont del 1963 e dell’alluvione di Firenze del 1966 “fino ad arrivare al rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004?”. È il giusto interrogativo posto dalla Cgia (Associazione italiana piccole imprese Mestre) che ricorda come siano stati cinque gli incrementi delle accise sui carburanti introdotti negli ultimi quarantotto anni per recuperare le risorse da destinare alla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto.
Dal 1970 gli italiani hanno quindi versato con le accise più del doppio (145 miliardi di euro) rispetto a quanto speso per riedificare le zone colpite dai disastri del sisma. Infatti, dalle stime del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, è di 70,4 i miliardi di euro nominali (121,6 se attualizzati) il costo totale esborsato per ricostruire le sette aree più danneggiate: Valle del Belice, Friuli, Irpinia, Marche-Umbria, Molise-Puglia, Abruzzo ed Emilia Romagna. Secondo Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, “ogni qual volta ci rechiamo presso un’area di servizio a fare il pieno alla nostra autovettura 11 centesimi di euro al litro ci vengono prelevati” a tale scopo. Ad onor del vero, per il terremoto delle Marche e dell’Umbria (1997) e quello del Molise e della Puglia (2002) non fu introdotta alcuna accisa.