L'educazione civica rischia di non poter tornare a scuola quest’anno. Doveva essere il suo grande ritorno, più probabilmente invece è tutto rinviato al prossimo anno scolastico. Con il concorso di colpa delle vacanze dei parlamentari e dell’apertura della crisi balneare di governo, la legge approvata lo scorso primo agosto in Senato con 193 voti a favore non è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale, compito che spetta al ministro della Giustizia. Una legge entra in vigore quindici giorni la pubblicazione, un periodo chiamato vacatio legis. La reintroduzione dell’insegnamento probabilmente slitterà di 365 giorni, dato che il provvedimento ha validità “a decorrere dal 1° settembre del primo anno scolastico successivo all’entrata in vigore della presente legge”. Per essere in regola con i tempi la legge andava pubblicata nella Gazzetta ufficiale entro il 16 agosto così da far passare quindici giorni prima dell’che all’apertura dell’anno scolastico 2019/2020, il primo settembre.
L’ultimo tentativo
Una soluzione politica che potrebbe salvare in calcio d’angolo ci sarebbe, secondo le ricostruzioni e le dichiarazioni riportate da alcuni giornali. Scrive Il Corriere della Sera che la firma per la promulgazione del capo dello Stato Sergio Mattarella sembrerebbe fuori discussione, ottenuta questa la presidenza del Consiglio dei ministri chiederebbe all’Istituto Poligrafico dello Stato di pubblicare la legge in Gazzetta. Mosse queste pedine, bisogna però considerare il rientro dell’educazione civica nelle scuola valido non dall’apertura dell’anno scolastico ma dal giorno in cui le scuole aprono i cancelli: si comincia il 5 settembre nella provincia di Bolzano fino al 16 in Puglia. E se non ci si riesce? Non farebbe gran danno, secondo Marcello Pacifico dell’Associazione nazionale insegnanti e formatori: “Se slittasse tutto ci sarà il tempo per risolvere le criticità della legge, non sono stati stanziati fondi e i docenti non hanno avuto la formazione necessaria”.
Le critiche
La riforma dell’educazione civica salutata con entusiasmo dal ministro dell’Istruzione Marco Bussetti – che reintroduce la materia con un monte ore di 33 ore all’anno, in cui all’insegnamento della Costituzione italiane e delle istituzioni nostrane ed europee sono stata affiancate l’educazione ambientale e quella digitale, prevede il voto in pagella, ma non un insegnante titolare né ha previsto nuovi finanziamenti, eccetto un fondo per la formazione di 4 milioni – ha fatto più scontenti che altro. Sia la Cisl scuola che l’Associazione nazionale dei presidi si sono dimostrati più che tiepidi e perplessi. Su Avvenire la segretaria Cisl Maddalena Gissi dichiara: “Ennesima occasione persa. Anche questa vicenda dimostra che in tanti si cimentano con la scuola senza avere la necessaria conoscenza della complessità delle questioni”. Sul Messaggero invece il presidente dell’Associazione dei presidi è scettico su soluzioni che consentano di salvare l’entrata in vigore della riforma per questo anno scolastico: “Grazie all’autonomia scolastica gli istituti potrebbero far partire l’insegnamento seguendo indicazioni della legge. Ma non sono obbligati, lo faranno in pochi”