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Il Natale: la festa dell’incarnazione di Dio

Il Natale è la festa delle feste, ma putroppo lo abbiamo trasformato in consumismo, luci e regali che alle volte sono inutili e superficiali. Il regalo più grande è il bambino di Betlemme, il biografo di San Francesco cosi descrive il primo presepio della storia: “Se desideri che celebriamo a Greccio la presente festa del Signore, affrettati a precedermi e prepara diligentemente quanto ti dico. Voglio infatti far memoria del Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come fu posto sul fieno tra il bue e l’asino” (1 Cel 84: FF 468).

Il Serafico Padre San Francesco vuole vedere la povertà e i disagi del Figlio di Dio che dall’alto dei cieli scende piccolissimo sulla terra in un bambino. In questo tempo si ascoltano i zampognari e i canti natalizi e le parole di Tu scendi dalle stelle, scritte da Sant’Alfonso Maria de Liguori, risuonano nel cuore: “Caro eletto Pargoletto/Quanto questa povertà/Più mi innamora!/Giacché ti fece amor/Povero ancora!”.

Come sarebbe bello se ci fermassimo in silenzio davanti al presepio in preghiera e in contemplazione del volto umano, piccolo e bambino del Signore? Il Natale è la festa più sentita dell’anno, perché ricorda il calore del fuoco familiare, gli amici, le serate dove si gioca a tombola, carte o ad altri giochi di società, i bambini che ricevono regali sotto l’albero. Per noi cristiani è la festa dell’Incarnazione di Dio, Dio si è fatto carne, cioè uomo, uno di noi. L’unicità della religione cristiana è proprio il mistero dell’incarnazione divina, non più un dio lontano e nei cieli, ma un Dio vicino e sulla terra. Dio si è fatto prossimo, accanto a chi soffre, ma vicino ad ogni persona su questa benedetta terra. Il Natale ci riempie di speranza, di amore, di fantasia e di poesie. Ecco la poesia bellissima di Gianni Rodari intitolata: “L’albero dei poveri” ci fa riflettere che tutti, ricchi e poveri, possiamo fare un’albero simbolo della vita, del futuro da costruire, della speranza, della rinascita, della fantasia creatrice.

Filastrocca di Natale,
la neve è bianca come il sale,
la neve è fredda, la notte è nera
ma per i bambini è primavera:
soltanto per loro, ai piedi del letto
è fiorito un alberetto.
Che strani fiori, che frutti buoni
Oggi sull’albero dei doni:
bambole d’oro, treni di latta,
orsi del pelo come d’ovatta,
e in cima, proprio sul ramo più alto,
un cavallo che spicca il salto.
Quasi lo tocco… Ma no, ho sognato,
ed ecco, adesso, mi sono destato:
nella mia casa, accanto al mio letto
non è fiorito l’alberetto.
Ci sono soltanto i fiori del gelo
Sui vetri che mi nascondono il cielo.
L’albero dei poveri sui vetri è fiorito:
io lo cancello con un dito.

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