Jacob Zuma ha anticipato il voto del Parlamento sulla mozione di sfiducia presentata nei suoi confronti annunciando le proprie dimissioni da presidente del Sudafrica.
Passo indietro
Il passo indietro, chiesto a gran voce dal suo partito (l'Anc), diverrà operativo da oggi. Zuma ha detto di aver “rassegnato con effetto immediato” le dimissioni da capo dello Stato, carica a cui era stato eletto in quanto leader dell'Anc, il partito di Nelson Mandela, il 9 maggio del 2009 dopo Tabo Mbeki. Sempre ieri la forza politica di maggioranza lo ha destituito da leader. Decisione presa dopo i recenti scandali che hanno coinvolto l'ex presidente. L'ultimo riguarda i presunti rapporti con la facoltosa famiglia indiana Gupta.
L'ultima difesa
Prima di dimettersi Zuma aveva definito “estremamente ingiusto” l'ordine di dimissioni arrivato dall'Anc, sostenendo di non aver fatto niente che giustificasse tale scelta. “E' molto ingiusto che questo argomento venga sollevato di continuo”, aveva in un'intervista in diretta con la televisione pubblica Sabc. “Che cosa ho fatto? Nessuno mi ha spiegato perché dovrei farlo“.
Gli scandali
Nel corso degli anni Zuma è stato al centro di diversi scandali per frode e corruzione, a cominciare dalla prima accusa nel 1999 in relazione a una commessa da 5 miliardi di dollari per l'acquisto di armi per conto del governo sudafricano. Le accuse sono state ritirate nel 2003 ma la condanna a 15 anni di carcere per corruzione nei confronti del suo consigliere finanziario, Schabir Shaik costa a Zuma la carica di vice presidente esecutivo. Un altro filone di inchiesta ha riguardato la ristrutturazione della sua villa in Nkandla, nel KwaZulu-Natal. Quelli che Zuma ha cercato di far passare come lavori necessari per rendere più sicura la sua abitazione natale, in linea con la carica presidenziale ricoperta, sono state invece descritte da un rapporto pubblico come migliorie private eseguite con i soldi dei contribuenti. Altro scandalo che di recente lo ha colpito riguarda i legami con i Gupta, proprietari di un impero minerario, nei trasporti, media e hi-tech, cui, secono chi lo accusa, avrebbe compiuto una serie di “favori”, concedendo loro una forte influenza sul governo, fino addirittura alla nomina di alcuni ministri.